La sberla elettrica di Bossi

agosto 18, 2001


Pubblicato In: Giornali, La Stampa


Secondo Bossi, dobbiamo alzare il tetto di proprietà pubblica per difendere le nostre risorse

Di abbassare sotto il 51% la quota azionaria che i Comuni detengono nelle aziende municipalizzate, in particolare in quelle energetiche, Umberto Bossi non vuole neppure sentir parlare. Anzi secondo quanto ha dichiarato l’altro ieri all’ANSA da Ponte di Legno, “dobbiamo alzare il tetto di proprietà pubblica per difendere le nostre risorse”: quello energetico è un settore strategico, saranno proprio i comuni a presidiarlo e a difenderlo dallo straniero. E’ solo una “sparata” buttata lì dall’indefesso Senatùr tanto per ravvivare il “sacro” ponte di Ferragosto?

Di contendibilità del controllo delle società quotate, di scalabilità, di diritti delle minoranze, di struttura della nostra economia si è molto discusso sui giornali anche non specializzati nelle ultime settimane. C’è stata l’OPA della cordata Fiat su Montedison, la non – OPA della Pirelli su Olivetti, l’OPA che Consob vorrebbe imporre a SAI per Fondiaria. Ormai di OPA si discute, con qualche competenza, anche nei bar: impossibile che il leader della Lega non ne abbia sentito parlare. Circola anche fuori dai bar la leggenda, metropolitana se mai ce ne è stata una, di questo famoso 51% che la legge imporrebbe ai comuni di mantenere. In realtà non si tratta di un vincolo di legge, bensì dell’obbligo, nel caso in cui il pubblico perda la maggioranza assoluta, di rimettere a gare le concessioni di cui sono titolari le azienda a maggioranza pubblica, e quindi del rischio che se le aggiudichi un altro. Ma neppure questo rischio esiste per l’energia elettrica ed il gas, cioè proprio i settori su cui è caduto il vigile occhio di Umberto Bossi. Che mentre lui se la prende contro “la legge di privatizzazione voluta dalla sinistra” i suoi uffici non gli abbiano segnalato che il regime concessorio in quei settori è già stato definito (in modo molto, ma molto vantaggioso per le municipalizzate) proprio dai decreti Bersani e Letta è poco credibile.
Più logico pensare che invece Bossi abbia colto delle brezze nel clima politico estivo, e, incurante di questi dettagli, abbia approfittato del vuoto politico di Ferragosto per alzare una vela e raccoglierle. Evocando l’interesse nazionale, il mantenimento dell’italianità delle imprese, Bossi va a occhi chiusi, sa di trovare ascoltatori molto attenti dalla parte di AN. E’ una mossa di sicuro successo se vuole rafforzare quell’asse con il partito di Fini che già si è realizzato in tema di immigrazione. In questo caso la metaforica brezza era stata l’intervista in cui il Ministro Antonio Marzano aveva dichiarato che, prima di completare le privatizzazioni, avrebbe studiato dei sistemi che garantissero l’italianità delle imprese. Cautela sorprendente, esitazioni singolari in bocca a chi, prima delle elezioni, si era impegnato a privatizzare tutto e subito, e che la dicono lunga sulle resistenze che il liberista Marzano incontra all’interno della maggioranza e del Governo. L’imprudente ammissione del Ministro delle Attività Produttive è stata lestamente colta e usata dal Ministro della devolution. Per lui la posta in gioco è ampliare il potere delle Regioni, dare loro proprietà e poteri per giocare una propria “politica industriale”. Anche il centrosinistra europeo di Ciampi e di Prodi, di D’Alema e di Amato, aveva incontrato difficoltà e aveva avuto cedimenti nel realizzare il programma di liberalizzazioni, ma va riconosciuto che aveva avuto sempre chiaro che l’obbiettivo da perseguire era la creazione di un mercato concorrenziale di dimensione europea. Quella di mercati regionali segmentati, di una costellazione di mini – protezionismi appena ricoperti dal tricolore, è solo una grottesca esagerazione bossiana? Forse meno paradossale di quanto può apparire, se si presta attenzione agli altri refoli di vento a cui Bossi dispiega le sue vele. Fu Forza Italia, non la Lega, in prima linea nel difendere quei bastioni dei poteri regionali che sono le Fondazioni bancarie, è il suo emendamento che mette anche lo sviluppo economico tra gli obbiettivi che le Fondazioni possono perseguire, a fornire agli enti locali lo strumento per fare “politica industriale”.
Alla “sparata” bossiana il mercato ha reagito immediatamente, i titoli delle municipalizzate del settore energetico si sono presi una sonora “sberla”: il mercato deprezza le aziende non scalabili, ancor più quelle a controllo pubblico. Il mercato non solo reagisce rapidamente, ha anche la vista lunga, i refoli di vento li coglie meglio perfino di Bossi. Sarà bene rifletterci: perché a Gennaio, con l’euro in tasca, cadrà un’altra barriera psicologica, diventerà sempre più naturale cercare nel mercato europeo le economie e le imprese, private e contendibili, in cui investire i propri risparmi. A subire le lezioni del mercato potrebbero non essere solo le municipalizzate.

Invia questo articolo:
  • email
  • LinkedIn



Stampa questo articolo: