Il dopo-primarie
Un successo così non l’aveva previsto nessuno. C’è dentro tutta la voglia di unità dell’elettorato di centro sinistra; e c’è la reazione al colpo di mano di Berlusconi sulla legge elettorale. Risulta accentuato il carattere singolare di queste primarie, lanciate da Prodi nel contesto del maggioritario dell’alternanza, ma le cui conseguenze opereranno in un contesto politico opposto, quello del proporzionale, di “questo” proporzionale che sembra fatto apposta per scardinare il bipolarismo.
Perché aumenta il potere dei partiti, favorisce le piccole alleanze compatte rispetto alle più complicate ampie coalizioni, premiando di più chi supera gli avversari con un 30% che chi lo fa con il 50%. Perché non saranno neppure operanti, nella prossima legislatura, le clausole antiribaltone previste dalla nuova Costituzione. In caso di vittoria, è sperabile che si metta mano a questa legge: ma al maggioritario sono contrari, oltre che Rifondazione e i Verdi, parte della Margherita e del correntone DS.
Il partito democratico, con il risultato di domenica, ritorna ad essere la prospettiva su cui scommettere. Il simbolo unico alle elezioni e il gruppo parlamentare unico dopo, appaiono di nuovo obbiettivi possibili. Ma la volontà di aggregazione non può eliminare la presenza di questa forza che agisce in direzione opposta, una legge elettorale che opera in senso disgregante e che continuerà a insidiare la compattezza iniziale. Il successo non deve far dimenticare la singolarità di una vittoria riportata in un gioco di cui nel frattempo sono state cambiate le regole: quelle di prima, neppure la dimensione del consenso varrà a ripristinarle.
Cambiate le regole, è cambiato il contesto politico e questo impone un cambiamento di strategia. Quale? Questa è la domanda cruciale da rivolgere al vincitore delle primarie. Per il vincitore delle elezioni, il problema resta quello di rimettere il Paese sulla strada della crescita. Ma introdurre riforme comporta vincere resistenze diverse e a volte opposte, quelle di chi ha poco e non ha fiducia di poterci guadagnare qualcosa, quelle di chi ha tanto e non vuole perdere nulla. Il compito sarebbe ancora più difficile se i partiti fossero indotti ad appoggiarsi a blocchi di interessi coalizzati, e ogni confraternita avesse il suo partito di riferimento.
Le strategie per selezionare le priorità, per bilanciare rischi e sicurezze, per scegliersi gli alleati, sono diverse se il contesto è quello del maggioritario o quello del proporzionale. Chi, come chi scrive, è entrato in politica con il maggioritario e si è impegnato a fondo quando c’è stata l’occasione di completarlo, vede lucidamente i rischi del proporzionale. Ma non per questo il destino del Paese è segnato e non c’è altro da fare che contenere i danni e assistere al declino.
Il successo conseguito domenica da Romano Prodi si colloca tra passato e futuro: deve dirci che cosa intende farne. Il profilo politico si definisce prima del voto e non a Governo fatto: questo vale sempre, vale ancora di più se, nel frattempo, sono cambiate le regole.
ottobre 19, 2005