da Peccati Capitali
C’é rapporto tra Carlo De Benedetti che lascia gli incarichi operativi nelle aziende che ha creato, e il clima politico seguito alla grande crisi finanziaria? In una prima fase, anni ’70 e ’80, Carlo De Benedetti é stato il simbolo di un capitalismo nuovo per il nostro Paese, trasgressivo verso l’establishment dei salotti buoni e aggressivo nel cogliere le opportunità delle prime liberalizzazioni: chiamato a raddrizzare le Fiat, ne esce dopo 100 giorni sbattendo la porta, salva l’Olivetti, espugna in Francia la Valeo, sfida Craxi sulla Sme e Berlusconi in Mondadori, lancia un’OPA sul Credito Romagnolo, rompe con Omnitel il monopolio Telecom.
Negli anni ’90, le grandi privatizzazioni con grandi indebitamenti non sono il suo gioco: fuori dalle partite Telecom e Autostrade, é suo figlio Rodolfo che coglie l’opportunità della liberalizzazione dell’energia elettrica, che da zero fa di Sorgenia il primo operatore privato italiano.
Ora, il salvataggio di banche intossicate e gli aiuti a imprese in crisi, porteranno una pesante ingerenza dello Stato, un’economia sostanzialmente socialistica. Ci andranno molti anni prima che lo Stato sia indotto a ritrarsi, e venga di nuovo qualcuno che, come faceva De Benedetti, riempia i palazzetti dello sport parlando a investitori pronti a supportarlo e a imprenditori desiderosi di imitarlo. Far sì che questo avvenga, e presto, é compito politico, della politica intesa non come potere, ma come convincimento, volta non a promuovere leader ma a muovere volontà. Voglio pensare che sia per questo che Carlo De Benedetti, nella terza fase della sua vita, lascia le sue CIR e Cofide per concentrarsi sull’editoria, l’Espresso e Repubblica.
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febbraio 11, 2009