La nuova ricchezza di Bezos fa bene anche ai più poveri? Botta e risposta

novembre 21, 2020


Pubblicato In: Giornali


DIVERGENZE SULLE DISUGUAGLIANZE.

Caro direttore, nella pandemia, scrive Giorgio Meletti (“Il capitalismo dei super ricchi ci sta portando verso il baratro”, 16 novembre), Amazon ha raddoppiato il suo valore, e così Bezos la sua fortuna. Ma Bezos non ne ha che 1’11,2 per cento, azioni che oltretutto non può vendere se non vuole far precipitare tutto; in tasca gli vengono i dividendi.

Poi c’è l’altro 88,8 per cento. Persone che pure hanno visto il loro investimento raddoppiare di valore. Che sia indiretto, mediato da più passaggi in fondi sempre più grandi, non cambia nulla: i soldi che hanno investito in Amazon hanno raddoppiato di valore. E, a differenza di Bezos, possono anche vendere e incassare il guadagno, che magari nella pandemia gli serve, in famiglia o nell’azienda. Credo che benedicano Amazon e Bezos che l’ha creata; se qualcuno gli dicesse che ci stanno portando alla rovina, nella migliore delle ipotesi non capirebbero di che si parla. Come non lo capisce chi, durante il lockdown perché era proibito, dopo il lockdown perché era prudente, ha comperato da Amazon, o dagli altri dell’e-commerce che ne hanno preso la scia.

Quanti contagi, quante terapie intensive, quanti morti in meno grazie alla insuperabile efficienza di Amazon? E poi: l’aumento del fatturato di Amazon, dedotto il suo margine, equivale al fatturato delle imprese che così hanno potuto lavorare e non chiudere, loro e tutta la catena a monte. E siccome non si vive di solo pane, quante relazioni abbiamo potuto tenere vive, con un libro, con una comunicazione (lo so, Zoom non è di Amazon, ma il ragionamento è lo stesso).

Si può obiettare che non si parla di Amazon, ma di tutto il sistema. Certo: quello per cui le prospettive di crescita e di utili della permissionless in novation voluta da Bill Clinton, hanno fatto sì che il venture capital potesse raccogliere un’enorme massa di danaro e lautamente ricompensare l’88,8 per cento di risparmiatori che ci hanno creduto e 1’11,2 di chi l’ha creato. Per che cosa lavorano giorno e notte milioni di persone, se non per la prospettiva, non dico di diventare un Bezos, ma di avere un’idea che possa essere venduta, o a una Amazon, o direttamente in borsa, e così diventare ricchi? Sono la rovina del capitalismo? Loro e quelli che fanno vaccini nei Big Pharma? E poi: le misure relative alla concentrazione della ricchezza riflettono principalmente la variazione dei tassi d’interesse.

I poveri non hanno attività finanziarie, i ricchi sì. Se diminuisce il tasso d’interesse, il valore di mercato delle attività finanziarie, quindi la ricchezza dei ricchi, aumenta. Se si confronta la distribuzione della ricchezza tra il prima e il dopo il calo dell’interesse, la si trova più concentrata. Difficile però affermare che tra il prima e il dopo la situazione dei poveri sia peggiorata: anzi, se hanno un debito netto, è addirittura migliorata. E a ben vedere non è neppure migliorata quella dei ricchi: i flussi di reddito generati dalla loro ricchezza pre-calo degli interessi sono rimasti immutati! Quando i tassi d’interesse scendono a un livello inaudito, i risultati possono arrivare al paradosso: se una persona ha tutto il suo patrimonio investito in titoli irredimibili, quando il tasso d’interesse converge verso zero, il valore di mercato del suo patrimonio tende all’infinito! Diseguaglianza, certo: ma, a meno di eliminare la libertà, essa si produce anche partendo da una società totalmente egualitaria, come dimostra Robert Nozick. Non è la diseguaglianza il male, la povertà è il male. E mi sembra che per combatterla si sia fatto più di qualcosa: e continuerà a farsi.

Risponde Giorgio Meletti.

Caro Ingegnere, alle sue ragionevoli argomentazioni mi permetto di opporre solo un dubbio. Sei duemila uomini più ricchi del mondo si sono arricchiti di duemila miliardi di euro durante la pandemia, i casi sono due: o quei soldi sono passati dalle tasche dei meno ricchi alle loro, o il Covid-19 fa bene all’economia. Non si parla della diseguaglianza in sé ma del suo aumento, considerato (dal Guardian e non da una cellula comunista) una minaccia per il capitalismo. Qui mi fermo perché la discussione sugli effetti benefici o malefici della diseguaglianza crescente è tutta interna al club dei tifosi del capitalismo al quale, come sa, non sono ammesso.

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