La Gasparri e il pluralismo
Oltre all’ormai famigerato SIC che tutto consente, e al digitale terrestre che tutto assolve, la legge Gasparri contiene anche una norma di cui finora si è parlato poco. Sta nascosta nell’art. 8, dove si parla di “diffusioni interconnesse” tra le tv locali: il comma 3 le consente per 12 ore al giorno, mentre ora il limite è di 6 ore.
Sembra un fatto tecnico, ma è una piccola rivoluzione. Perché con 12 ore si cattura l’85% di ascolto televisivo, (che corrisponde al 95% dell’ascolto venduto ai pubblicitari): poco più del 50% con le 6 ore di prima. In Italia esistono diverse reti locali a cui si accede con un numero sul telecomando: le si può connettere in modo che tutte trasmettano lo stesso programma. Questa norma, aumentando la quota di ascolto, le rende interessanti per la grande pubblicità, consente quindi di creare alcune reti nazionali, accessibili direttamente da telecomando. E’ la stessa strada su cui Berlusconi mosse i primi passi: ma allora bisognava trasportare fisicamente le “pizze” a tutti i trasmettitori, oggi c’è il satellite, che, ricevuto il programma, lo irradia simultaneamente alle stazioni locali. Anche negli USA alle grandi reti non è concesso irradiare più del 35% del territorio: ma nessuno se ne accorge, perché grazie all’interconnessione i loro programmi si vedono in tutti gli Stati.
Naturalmente è possibile (possibile?) che Berlusconi, nella sua bulimia, abbia voluto quella norma per avere uno spazio in più da occupare. Ma quelle paroline dell’art. 8 comma 3 aprono anche ad altri la strada per entrare nel business della TV. Infatti non si richiede più di acquistare canali, ma solo di realizzare di un palinsesto da 12 ore. Per ridurre i costi fissi, si potrebbe anche qui copiare il Berlusconi d’antan. Lui si faceva pagare la pubblicità dalle aziende con una percentuale dell’aumento di fatturato che avrebbero consuntivato. Adesso, personaggi famosi della TV, diventando imprenditori di se stessi, potrebbero pretendere, anziché un cachet fisso, una percentuale dei ricavi pubblicitari delle proprie trasmissioni.
Insomma la partita, per chi si muova con velocità e determinazione, è tutta da giocare. E’ una provocazione immaginare un programma che dia spazio alla verve dei tanti esiliati dalla TV, dai Biagi e Santoro proscritti in Bulgaria, fino agli ultimi censurati? Sul successo si potrebbe scommettere. In seguito, certo, se non si vuol calare, si è condannati a crescere. E per crescere bisogna intercettare fasce più ampie di pubblico, non solo chi va ai girotondi, ma anche chi vota a sinistra e resta a casa, non solo i fedelissimi dell’Unità, ma anche, spero, tanti tra i lettori della Stampa. Per aumentare il fatturato, sarà necessario aumentare la varietà, venire incontro a una più ricca tavolozza di gusti, a un più sfaccettato insieme di opinioni: perché gli acquisti di pannolini e di merendine non dipendono dalle preferenze politiche. E così ancora una volta si dimostrerà che è (anche) grazie alle massaie che si realizza il pluralismo.
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dicembre 23, 2003