Che il proprietario dell’incumbent – Trenitalia – abbia ritenuto di insegnare a quello del concorrente e newcomer – Italo – la scelta da fare, tra vendere agli americani di Global Infrastructure Partners oppure quotarsi a Piazza Affari, è stato del tutto irrituale, ma senza gravi conseguenze. Grave sarebbe se ora succedesse il contrario, e cioè se il proprietario di Ferrovie non volesse far tesoro (il gioco di parole è irresistibile) di quello che la vicenda ha da insegnare: a lui e all’opinione pubblica.
Nel 2006 la nascita di NTV fu la scommessa che, con i “pacchetti ferroviari” del 2001 e del 2004, si sarebbe aperta in Italia la strada della liberalizzazione del servizio passeggeri; nel 2018 l’offerta di GIP è la scommessa (molto meno arrischiata) che proprio il successo di NTV faciliterà la liberalizzazione in tutta Europa, e senza le angherie inflitte a NTV. Il Tesoro dovrebbe brindare: se la liberalizzazione aveva spalancato alla piccola NTV una strada, quella che si apre davanti a Ferrovie è una prateria. Lo è per rapporto dimensionale, tra aziende e tra mercati, lo è per capacità gestionale: smesso di fare prepotenze e preso a fare concorrenza, le Frecce sono oggi il modello dei servizi pubblici che vorremmo avere (e qui il riconoscimento a quanto ha fatto l’ing. Moretti è dovuto).
Una prateria sì, ma sempre in terra straniera: per avere successo in Europa, Ferrovie dovrà fare come Italo in Italia, dovrà avere la concentrazione sull’obbiettivo che hanno quelli che sanno che si giocano tutto. Per fare come Italo, bisogna essere come Italo, non avere altre cose a cui pensare. Come si dice degli ebrei che suonano il violino perché è scomodo scappare da un paese all’altro con un pianoforte in spalla, così Trenitalia per connettere i vari paesi d’Europa non può portarsi sulle spalle i binari. La Rete Ferroviaria Italiana, che già è separata societariamente, va separata anche come proprietà; per farlo la strada è la quotazione in Borsa. (E qui il Tesoro ha un altro motivo di gratitudine verso NTV, perché vendendo a GIP ha “fatto il prezzo” a un livello di tutto rispetto). Di fronte all’obbiettivo strategico di battere le varie GIP che si faranno avanti, non c’è più dubbio: bisogna quotare solo la società dei treni. A fortiori l’annessione di Anas non deve in nessun modo interessare la società treni, ma (ammesso che sia conveniente farlo) solo la società Rete: d’altra parte entrambe, RFI e Anas, fanno gli stessi mestieri, costruire infrastrutture e manutenerle. Sempre per non perdere concentrazione, Trenitalia dovrà smettere di perdere tempo e distogliere management inseguendo diversificazioni nella gestione di metropolitane e di servizi urbani (e anche sugli autobus c’è poi da ridire). Questa non è, come è stato scritto (da Dario di Vico sul Corriere della Sera di domenica) “ortodossia liberale”: questa è strategia aziendale spiegata al popolo. Per chi ci tiene, sarebbe anche l’occasione di dare, per una volta, ragione a Marina Mazzucato, dimostrando le virtù dello Stato Imprenditore.
Della lezione che NTV dà al Tesoro questa è la parte facile. Quella difficile deriva dagli ammonimenti ex-ante del Tesoro e dalle considerazioni ex-post di molti commentatori: impropri i primi, ingiuste le seconde. Ogni volta che un’azienda italiana viene acquistata da uno straniero, è la solta trenodia: verso i venditori che rinunciano alla sfida per l’opportunismo di vendere; verso gli acquirenti, per le asimmetrie e le scorrerie. Invece gli imprenditori sono tali perché hanno saputo rischiare (anche grosso, come in questo caso): se vendono è perché giudicano che, se non vendono, sono maggiori rischi che corrono dei vantaggi che continuerebbero a cogliere. Se sui vantaggi è ovvio che un ministro o un giornalista non possono avere più informazioni di lui, su una parte dei rischi almeno un’idea non è difficile farsela. Adesso poi basta scorrere i programmi della maggior parte dei partiti, valutare le possibilità di instabilità o di ingovernabilità, porre mente al nostro debito, di cui nessuno sembra darsi pensiero, per finire con le più gettonate inefficienze, della giustizia penale, di quella amministrativa, della scuola, di un fisco che non rispetta manco le regole che si è date con il codice del contribuente.
Il Ministro Graziano Delrio, che pure è sempre stato a favore di quotare solo i treni, sembra quasi che voglia precostituire una richiesta di danni a NTV. Rinfaccia gli investimenti fatti sulla rete, lamenta di non averne ricevuto nessun dividendo e di avere adesso la rete non satura per il minor numero di player. Come se gli investimenti non si fossero fatti ben prima che esistesse NTV, se questa non pagasse per l’uso delle tratte, se fosse ipotizzabile che GIP lasci in rimessa treni per cui ha sborsato 2,5 miliardi. Il Ministro vanta di aver creato un quadro regolatorio favorevole. Come se l’Italia non avesse attuato le norme comunitarie con 10 anni di ritardo, e tollerato che Ferrovie per anni boicottasse il concorrente.
Ma quando “aver creato una cornice favorevole di cui si sono giovati gli azionisti di Italo”, è vantato come merito e non riconosciuto come dovere dei governanti; quando il legittimo utile è qualificato come “straordinaria remunerazione”, quando “corretto” non è pagarci le tasse, ma reinvestirlo in Italia e là dove suggerisce il governo, il Ministro sembra non rendersi conto di quanto la mentalità che le sue parole rivelano contribuisca ad aumentare le percezione di quei rischi e a diminuire quella di quei vantaggi da cui, come si è detto, dipendono le decisioni degli imprenditori.
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febbraio 15, 2018