Chi la invoca per Berlusconi sbaglia: bastaguardare all’Edf. Ma il ministro Lunardi?
“In cinque anni che siete stati al Governo, non potevate fare un legge che obbligasse Berlusconi a vendere?” Li ritrovassi quelli, e sono tanti, che in campagna elettorale mi rivolgevano questo rimprovero! Li porterei a riflettere un po’ sulla vicenda EDF e Montedison, che dimostra in modo esemplare quello che rispondevo loro: per legge non si riesce, per vendere le sue tv bisogna che sia Berlusconi a volerlo.
Il Governo Amato, per evitare che EDF, pubblico e monopolista, si impadronisse di Montedison, proprio mentre si cerca di liberalizzare il mercato elettrico, con un decreto legge aveva congelato al 2% i diritti di voto delle azioni Montedison rastrellate da EDF. Dopo appena un mese e mezzo, EDF diventa partner tecnologico in Italenergia, a sua volta proprietario di Montedison: raggiunge il suo obbiettivo, pur nel rispetto formale del decreto. Si ripete la storia delle Fondazioni bancarie: per la legge Ciampi avrebbero dovuto dedicarsi solo a servizi di pubblica utilità, a tre anni di distanza, sono invece al centro dei più importanti snodi del sistema bancario italiano. Le architetture societarie delle grandi aziende sono così complicate, gli strumenti finanziari a loro disposizione così sofisticati, che il proprietario può eludere con facilità una legge che lo obblighi a dismettere. E tra patti di sindacato, azioni di concerto, vendita a aprenti o amici, quella di dare luogo a un contenzioso infinito non è un’ipotesi, è una certezza.
Per evitarlo bisogna che non sia il proprietario, ma il potere pubblico a scegliere come e a chi vendere: bisognerebbe cioè prima nazionalizzare e poi vendere. Per le fondazioni, qualcuno in effetti lo aveva proposto, ma è stato zittito. Per le televisioni, è evidente che il solo proporlo sarebbe un suicidio politico. Per questo io sostengo che il conflitto di interessi esiste, che si risolve solo con la vendita delle TV, ma che solo Berlusconi può farlo: una legge che glielo imponga o è inefficace o ha un costo politico intollerabile.
Il conflitto di interessi in capo al Cavaliere è legato a inestricabili vicende storiche. Ma che c’entra con tutto questo il Ministro delle Infrastrutture, l’ing. Pietro Lunardi? Egli è proprietario della Rocksoil, società specializzata proprio in progettazione per grandi opere infrastrutturali. Dopo avere proposto un paio di “soluzioni”, alla fine il Ministro – imprenditore dichiarava che la sua società “ha lavorato in passato e lavorerà in futuro: e’ sempre entrata nei più grossi lavori d’Italia per motivi di professionalità e non per appoggi politici, né di favore da nessuno. Non si capisce perché cento famiglie dovrebbero essere buttate sulla strada per far piacere non si sa a chi” (Il Corriere della Sera 30 Giugno). E qui non ci son santi: la decisione di nominarlo ministro non è necessitata da ragioni storico-politiche, il suo conflitto di interessi è disinvoltamente accettato. Allo stesso modo in cui il delitto perfetto è quello senza moventi, questo è il conflitto perfetto, ne è la platonica idea: dunque l’emblema. Questo è il punto. Noi non dubitiamo che l’ing. Lunardi sia uomo d’onore e la sua un’azienda onesta, ma certo molti in Italia si sentiranno autorizzati a dare della sua affermazione interpretazioni via via sempre più personali. E siccome di Berlusconi ce n’è uno, di Lunardi ce ne sono cento, ma migliaia sono i funzionari pubblici e gli operatori economici, e milioni sono le “infrastrutture” che li interessano, sarà impossibile evitare il danno morale che il conflitto di interessi in capo al Ministro arrecherà al Paese.
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luglio 19, 2001