La durata è la variabile fondamentale del governo Letta

aprile 30, 2013


Pubblicato In: Giornali, Huffington Post


Quanto dura il Governo Letta? Quanto dura, non quanto durerà. Il discorso sulla fiducia parla del futuro, ma serve anche a capire il presente, a giudicare la coerenza tra quello che Letta promette e il tempo che Letta si prende per farlo.

La durata è una variabile fondamentale di ogni strategia politica. Lo è per il tempo che il governo si dà per fare le cose che vuole, lo è per il tempo che il governo chiede agli elettori per fare le cose che promette. Il confronto con il governo Monti, proprio sul tema del tempo, è illuminante.

Entrambi i governi, di Monti e di Letta, hanno un’anomalia congenita: la sospensione della dialettica tra parti politiche avversarie, separate da vent’anni di lotta spietata, antiberlusconismo contro anticomunismo. Questa anomalia non può durare troppo a lungo, la dialettica è necessaria alla democrazia. Entrambi i governi nascono da un’emergenza, economica per Monti, istituzionale per Letta. Monti doveva accompagnare il Paese aldilà di un precipizio, giù dalla montagna dello spread. Letta deve costruire la strada per fare uscire la Repubblica dalla più grave crisi istituzionale dalla sua nascita.

Monti, appena insediato, e senza che nessuno glielo chieda, dice che il suo Governo durerà fino alla fine della legislatura. E’ il suo primo errore: non gli basta chiedere fiducia, chiede un impegno di fedeltà. Deve rassicurare, chiede di essere rassicurato. Come governo di scopo sarebbe fortissimo, come governo politico mostra le sue debolezze. Controprova: il suo primo atto rilevante, la durissima riforma delle pensioni, passa indenne in Parlamento; qualche mese dopo, la riforma del lavoro è stravolta con esiti ora criticati da tutti.

Letta invece, non era neppure stato incaricato, che già qualcuno metteva paletti: governo di scopo, di servizio, aveva tuonato Rosy Bindi. Letta si è sbarazzato di queste ipoteche, il tempo è lui a darlo: 18 mesi alla Convenzione per “la riforma anche radicale del sistema istituzionale e del sistema politico”. Un tempo ragionevole, anche per mettere fine agli odi antropologici: da cui dipende la “ragionevole certezza” di realizzarla. Non modificare la legge elettorale sarebbe indecente, non eliminare il pericolo di ingovernabilità del bicameralismo partitario sarebbe riduttivo; dopo quello che abbiamo visto coi nostri occhi, non dare una risposta in tema di presidenzialismo sarebbe imperdonabile.

Letta sa di non avere tempo: non ha tempo per ridare fiducia in se stesso a un Paese cosi provato dalla crisi e da tanto tempo senza una guida politica. Letta non ha tempo per lanciare i ciottoli rotondi, come nella sua metafora. Metafora non felicissima: non c’è un Golia davanti a noi contro cui fiondarli, Davide e Golia sono entrambi tra noi, a volte nella stessa persona. Per non parlar dei tanti che, in questi anni, per poter tirar pietre, si son sentiti Davide.

Moralizzazione: chi dice di no? Stati Uniti d’Europa: ognuno ha religione che vuole, e se vuole può anche non averne nessuna. Ma la crescita la fa solo la volontà di intraprendere delle persone, è la mancanza di una prospettiva che accenda questa volontà a produrre il calo. L’occupazione la creano le imprese, non assumono se non gli si leva un po’ di basto. Il Davide che deve recuperare un divario di produttività ormai impressionante è sovente anche il Golia che l’ha creato. Giusta la mozione degli affetti per stimolare una reazione: ma ci sono cose da fare entro tempi che si misurano in settimane se non in giorni. Carichi fiscali, debiti pregressi, mercato del lavoro, crediti alle imprese: temi discussi da tempo, su cui ci sono proposte anche abbastanza dettagliate. Letta li ha citati, questi ed altri. Deve aggiungere l’eliminazione degli ostacoli che mettono tempi intollerabili fra emanazione delle norma e sua attuazione.

Non sono ciottoli raccolti dal torrente, è acqua sui cretti di un terreno che si sta inaridendo. Scelga e faccia qualcosa subito. Il tempo si guadagna all’inizio.

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