La Croce. «Imperdonabile abolirla»

marzo 11, 2024


Pubblicato In: Corriere Della Sera, Giornali


Caro Aldo,
al liceo ho letto «Perché non possiamo non dirci cristiani», e sono cresciuto col «Breviario di estetica»: Benedetto Croce! Abolirlo (la) sarebbe imperdonabile.


L’errore di abolire la croce

di Aldo Cazzullo, Corriere della Sera, 06 marzo 2024

La croce sulla cupola degli Invalides, che nell’immagine delle Olimpiadi diventa una guglia, è l’Europa che recide le proprie radici e ammaina le proprie bandiere? O è l’Europa plurale del nostro futuro? Innanzitutto, quell’immagine è un falso. E quando si ricorre scientemente a un falso, è perché abbiamo un problema. La cupola degli Invalides non è un posto qualsiasi; è uno dei luoghi della civiltà europea. Se il Re Sole avesse voluto erigere una guglia anziché una croce, e se Napoleone avesse voluto essere sepolto — o i suoi posteri avessero voluto seppellirlo — sotto un elemento architettonico anziché sotto un simbolo religioso, l’avrebbero fatto. Poi certo quell’immagine ritoccata non parla solo del Re Sole e di Napoleone — per quanto, insomma, non siano due passanti — ma della Francia di oggi, dove vivono cinque milioni di musulmani, duecentomila ebrei, e soprattutto milioni di francesi che non sentono di appartenere alla civiltà cattolica. E lo stesso, sia pure con numeri diversi, vale per tutti i Paesi dell’Europa occidentale.

È un tema abbastanza rimosso, che talora ritorna nella vita pubblica come un rimpianto o come un rimorso. Ci fu un tempo in cui la Francia era chiamata la figlia primogenita della Chiesa, perché Clodoveo era stato tra i primi re barbari a convertirsi e farsi battezzare. Erano francesi i crociati che presero Gerusalemme facendo strage di infedeli. Giovanna d’Arco parlava o credeva di parlare con Gesù, in nome della fede si combatterono guerre civili da migliaia e migliaia di morti, dal massacro degli albigesi — e ancora adesso gli storici discutono se il legato pontificio Arnaud Amaury abbia davvero ordinato «uccidete tutti, Dio riconoscerà i suoi» — alla rivolta controrivoluzionaria della Vandea. Lo Stato laico (e massone) della Terza Repubblica bandì i simboli religiosi dai luoghi pubblici; ma il simbolo del generale De Gaulle era la croce di Lorena, e nel 1981 sui poster del socialista Mitterrand compariva il campanile di una chiesa.

Il cattolicesimo francese è sempre stato collocato politicamente a destra, tra i conservatori se non tra i reazionari. Ma nella seconda metà del Novecento questo schema è saltato, grazie a figure carismatiche del cattolicesimo sociale come l’abbé Pierre e intellettuale come Jacques Maritain e Jean Guitton, che Paolo VI chiamava amicalmente Ghittone, italianizzando il suo nome come se fosse un santo o un teologo medievale (ma era francese pure lo scismatico Lefebvre, indignato dalle aperture del Concilio). Il cattolicesimo ha avuto i suoi martiri: i frati che si sono fatti uccidere dai nazisti per salvare i bambini ebrei, come padre Jacques de Jésus, che ispirò il film «Au revoir les enfants» (Arrivederci ragazzi) di Louis Malle; i sette monaci di Tibhirine, sgozzati come agnelli dagli islamisti algerini nel 1996, di cui furono trovate le teste ma non i corpi; padre Jacques Hamel invece fu sgozzato sull’altare della sua chiesa presso Rouen, e lo stesso è accaduto a tre fedeli nella cattedrale di Nizza. Quando Nizza divenne francese, per prima cosa vi fu costruita una cattedrale neogotica, sul modello di Notre-Dame di Parigi.

Nel discorso di Capodanno, Macron ha indicato due obiettivi per il 2024: le Olimpiadi e il restauro di Notre-Dame. Ha proprio detto così: «I Giochi sono una volta ogni cent’anni; ma le cattedrali si fondano o si rifondano una volta ogni mille anni». Se però poi abolisci le croci, le cattedrali diventano orgoglio nazionale, non segno spirituale. I rivoluzionari volevano fare di Notre-Dame un tempio alla Dea Ragione; non fu un prete o un Papa, fu uno scrittore romantico, Victor Hugo, a salvarla. Gli imperatori romani perseguitavano i cristiani anche perché non li capivano: la povertà da disgrazia diventava virtù; e la croce, da simbolo della morte dolorosa e pubblica, diventava simbolo di salvezza. Un conto è imporla; un altro è proporla; un altro ancora è cancellarla. Quasi tutti i Paesi musulmani hanno la mezzaluna nella bandiera; e nessuno chiede loro di rimuoverla. Forse la risposta alle nostre domande viene dal testamento spirituale di uno dei sette monaci di Tibhirine, padre Christian de Chergé, che ha lasciato scritto: «Se mi capitasse un giorno, e potrebbe essere oggi, di cadere vittima del terrorismo, vorrei che la mia comunità, la mia Chiesa, la mia famiglia si ricordassero che la mia vita era donata a Dio e all’Algeria; e che sapessero associare questa mia morte a tante altre ugualmente violente, lasciate nell’indifferenza dell’anonimato». Il cristianesimo non è aut-aut, ma et-et; è nell’aggiungere, non nell’elidere. Umanesimo e cristianesimo sono stati a volte in contrasto, a volte legati. Abbiamo impiegato secoli per conciliare fede e ragione, spiritualità e diritti umani. Non gettiamo via tutto. Ai Giochi di Parigi ci saranno croci, ci saranno mezzelune; ed è importante che ci sia anche la stella di David.

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