Guerra all’Iraq e crisi dell’Onu
Nessuno, tra i commentatori che analizzano le ragioni contro la guerra, o tra i governanti che cercano di conquistare voti all’ONU contro la guerra, nessuno è disposto a scommettere sulla possibilità, giunti a questo punto, di evitarla. Anche i cittadini che manifestano contro la guerra ne sono in cuor loro convinti.
Non della guerra si discute ormai, ma della possibilità di isolare gli USA, di costringerli nell’unilateralismo; non della legittimità della guerra, ma del prezzo da pagare al Camerun o alla Guinea perché l’ONU conceda o rifiuti il timbro di legittimazione. Si discute dietro lo schermo di questa certezza. Al suo riparo è possibile ignorare i rischi a cui si andrebbe incontro se davvero USA e Inghilterra decidessero di fare marcia indietro: per esempio in Palestina, dove è assai probabile che le prospettive di una soluzione si allontanerebbero sempre di più. Quel rischi è possibile ignorarli, ma il farlo ha un prezzo: perché è evidente che i rischi del dopo Saddam aumentano grandemente se la comunità internazionale dovesse mostrarsi divisa e lacerata in profondo. In quel caso questo prezzo lo pagheremmo tutti.
Quale posizione prenderà l’Italia? E’ la domanda che Sergio Romano, dalle colonne del Corriere, pone a Silvio Berlusconi. Dall’ohne mich, senza di me, pronunciato da Schroeder alla vigilia di elezioni che sembravano perse, alle esportazioni di petrolio dell’Angola, dagli equilibrismi di Putin, alle preoccupazioni politiche di Lausana Conte, il generale che dal 1984 governa la Guinea con pugno di ferro, tutti i paesi decidono in base ai loro interessi. Qual è l’interesse dell’Italia? Noi non siamo nel consiglio di sicurezza, non disponiamo di un voto: ma disponiamo della credibilità di una media potenza, impegnata ieri direttamente in Kosovo, presente oggi con propri contingenti in quasi tutte le missioni dell’ONU, da Timor Est al Libano. Dobbiamo giocarla nell’interesse del nostro paese: come tutti.
Ora non si vede quale sarebbe il nostro interesse a un’egemonia franco-tedesca in Europa, e tanto meno a favorire le ambizioni di Chirac. Non si vede il nostro interesse a spostare in direzione della Russia il baricentro delle nostre alleanze, e a un isolamento degli USA. Abbiamo invece un preciso interesse al rafforzamento delle organizzazioni internazionali di cui facciamo parte, ONU, Nato, Unione Europea: a cascata, tutte sarebbero pregiudicate da un voto che isolasse gli USA.
Chi dispone di un voto, lo usa nel proprio interesse politico. A maggior ragione dobbiamo farlo noi, che questa responsabilità non abbiamo.
marzo 11, 2003