STRATEGIE POST-ELETTORALI
Quello delle schede contestate è un problema di controllo di qualità. Un problema banale, per cui esistono soluzioni arcinote: quelle che sono alla base di tutti i processi di produzione di massa. Principi matematici indiscutibili e tecniche collaudatissime di campionatura consentono di individuare con sicurezza la presenza di errori sistematici.
Lo strumento c’è ed è rapido, le autorità preposte agli accertamenti sono previste dalle leggi: è interesse di tutti, secondo me della sinistra in primo luogo, spazzare via in modo definitivo non solo il sospetto, ma anche la possibilità del sospetto di una vittoria men che limpida.
Perché una cosa è certa: non possiamo permetterci di aggiungere ai nostri problemi anche dilanianti polemiche su “vittorie usurpate”. Irregolarità e politica stanno su piani diversi: rasenta l’assurdo ipotizzare che un’eventuale irregolarità possa essere sanata da soluzioni politiche o da nuove alleanze. Si può solo discutere a partire da un dato di realtà. Il fatto che ci siano contestazioni non è neppure una cosa di cui il paese si debba vergognare: mica siamo nella situazione della Florida, che ha visto il paese tecnologico par excellence, la superpotenza mondiale, discutere delle impronte prodotte sulle schede da macchinette antidiluviane, malamente manutenute. Ancora una volta si dimostra la superiorità del metodo di indicare il voto con un segno sulla scheda su tutti i marchingegni elettronici, che non lasciano documentazione cartacea di che cosa hanno scelto gli elettori.
Ciò premesso è indubbio che anche questo intoppo, e il ritardo che esso comporta, contribuiscano ad aumentare le divisioni nel paese e quindi aggiungano un ulteriore elemento alla rigidità del sistema: che è il massimo problema politico che abbiamo di fronte. Alcuni elementi di rigidità sono immanenti alla struttura del paese: la spaccatura che lo divide esattamente a metà, le contrapposizioni ideologiche esasperate da una campagna elettorale furibonda, la divisione economica e sociale tra il Nord e il resto d’Italia. Altri dipendono dall’esito del voto: già c’era la rigidità originaria propria della coalizione di centrosinistra che deve tenere insieme forze con differenze programmatiche tra di loro perfino maggiori di quelle che ci sono tra le posizioni mediane delle due coalizioni, e che è costretta a usare, per riuscirci, il collante dell’antiberlusconismo; il fatto che le elezioni abbiano visto rafforzarsi le componenti estreme rispetto a quelle moderate, renderà più difficile attuare le riforme supply side, che l’ala radicale osteggia e la parte moderata sa di dovere attuare se vuole salvare il paese. E la risicata maggioranza al Senato rende indispensabile il voto non solo di tutte le componenti partitiche, ma di ogni singolo parlamentare.
Chiunque, vinte le elezioni, si appresti a governare, cerca di riconquistarsi spazi di flessibilità. Nella situazione specifica, per Prodi e i leader dell’Ulivo ridurre le rigidità è una necessità assoluta, dunque deve diventare l’obiettivo prioritario. Introdurre elementi di flessibilità nel sistema è cosa del tutto diversa dal prefigurare alleanze differenti o allargate, men che meno grandi coalizioni che, almeno per un non breve futuro, appaiono impossibili: al di là di ogni valutazione politica. Si devono adesso eleggere i presidenti di Camera e Senato, i presidenti delle commissioni parlamentari e, soprattutto, il presidente della Repubblica. Dalle scelte che verranno fatte si capirà se l’Unione vuole blindarsi nelle proprie rigidità, oppure se intende usare queste scelte come carte per conquistarsi spazi di flessibilità. Se sceglieranno questa seconda strada, si dovranno mettere in conto gli strilli di chi vi vedrà un tentativo di inciucio. Sapendo che l’inciucio è come una malattia, c’è il rischio di prenderla, ma c’è la possibilità di curarla, mentre con la rigidità si muore di certo: soffocati.
aprile 14, 2006