L’incarnazione di Silvio

marzo 31, 2004


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Da Olivetti a Berlusconi, secondo Bondi

La ricerca di illustri ascendenze dev’essere una preoccupazione costante in Sandro Bondi: già il titolo del suo ultimo libro “Tra Destra e sinistra”, a meno di quel “tra” sapientemente ridotto a simbolo grafico, rimanda al testo di Norberto Bobbio, che, con le sue oltre 300.000 copie, è un record tra i saggi di politica. Auguri.

Ma questa sua propensione egli la estende – fin da pagina 26 – anche a Colui di cui è devoto portavoce, Silvio Berlusconi, al punto da farne Chi “ha realizzato nel campo dell’urbanistica, della cultura, dei media, della riforma delle istituzioni e della politica, ciò che Adriano Olivetti aveva intuito e abbozzato”.
Ohibò! Superato il primo sconcerto, sono stato preso da profondi rimorsi. Sì, perché sono stato, per molti anni, fino al 1997, presidente della Fondazione Adriano Olivetti, che vuole diffonderne il pensiero e ricordarne l’attualità: leggendo Bondi mi sono accorto di quante occasioni ho perso di illuminare la figura del precursore con il fulgore delle realizzazioni di Colui di cui egli aveva annunciato la via. A che serve infatti che Adriano abbia portato in Italia la sociologia (pubblicando Weber e Simmel, Vleben e Durkheim), se non a comprendere la cultura di massa indotta dalla televisione commerciale? A che serve che Adriano abbia regalato alla Valle d’Aosta uno dei primi piani regolatori, se non per far nascere Milano 2? A che serve aver fatto di Ivrea un museo di architettura all’aperto, con i Figini e Pollini, i Gabetti e Isola, i Vittoria, se non per preparare le scenografie di Pratica di Mare? Aver realizzato a Pozzuoli fabbriche inserite nel paesaggio, non prelude ai fasti delle mediterranee architetture vegetali di Porto Rotondo? E soprattutto, a che sarebbe servito aver fondato Edizioni di Comunità, se non per insegnare l’importanza del libro a chi avrebbe quindi conquistato Mondadori?
L’araldica, si sa, è un’attività rivolta al passato. Non va tanto per il sottile, a volte con effetti curiosi: in questo caso attribuire, come antenati, Bobbio o Olivetti, due icone di quel politically correct, proprio a dei successori che si vantano di averlo sbalzato dal suo piedestallo.
Di queste storie, è piena la letteratura. A me viene in mente Odette de Crécy, il grande amore di Swann nella Recherche: «presque du demi monde» quando frequentava Mme Vedurin, solo dopo aver sposato il conte di Forcheville sarà finalmente ammessa nel salotto della nobiltà più esclusiva, quello di Mme de Guermantes, del cui marito diventerà amante. «Ci sono persone che a ogni decade si ritrovano in una nuova incarnazione», annota Proust. Un’idea per Bondi. Per la seconda edizione.

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