articolo collegato di Luigi Zingales
L’articolo di Francesco Giavazzi sulla Grecia, apparso sul FT, ha scatenato un sacco di reazioni viscerali, ma non è stato analizzato per ciò che significa rispetto al cambiamento di atteggiamento dell’élite europea nei confronti del progetto europeo.
Si capisce che un ideale è in difficoltà quando anche i più convinti sostenitori cominciano a prenderne le distanze. Per questo motivo, l’articolo di Giavazzi suona come una campana a morto per l’ideale di un’Europa unita. A lungo collaboratore e amico di Carlo Azeglio Ciampi (che ha portato l’Italia nell’euro) e del presidente della BCE Mario Draghi, Giavazzi è stato, appunto, uno dei più convinti sostenitori dell’euro e del processo di unificazione europea. Sostegno e convinzione entrambi difficili da scorgere nel suo articolo (anche se immagino che negherà).
L’articolo tocca diversi punti importanti: che il debito greco è insostenibile, che la sola riduzione di questo debito non produrrà automaticamente ricchezza, che il resto d’Europa non può imporre riforme in Grecia e che anche gli europei hanno commesso errori. Ma questi punti sono inseriti in un contesto che da un lato sembra ignorare il “peccato originale” della zona euro e dall’altro cerca di scaricare tutte le responsabilità sul comportamento dei greci. Questo atteggiamento non solo non è giusto nei confronti della Grecia, ma è pericoloso per l’Europa perché porta alla conclusione – sostenuta nell’articolo – che amputando l’arto greco canceroso, si risolve il problema europeo. Questa è un’enorme illusione, dato che il problema non è solo in un arto, ma pervade l’essenza dell’unione monetaria.
Espellere la Grecia non risolverà il problema, solo ne rinvierà la necessaria soluzione.
Non vi è dubbio che i governi greci abbiano mentito (più di quelli di altri paesi) e che la situazione fiscale greca nel 2010 fosse insostenibile, dentro o fuori dall’euro. Tuttavia, in situazioni analoghe la ricetta del FMI ha comportato austerità più un generoso taglio del debito. Perché in questo caso il taglio non è stato imposto? Se non lo si è fatto per preservare la stabilità del sistema finanziario europeo, perché l’intero costo di questo intervento è stato fatto pagare alla sola Grecia? Negli Stati Uniti – che correttamente Giavazzi indica come riferimento di unione che funziona – il costo del piano di salvataggio delle banche è stato sostenuto da tutti i contribuenti, non solo da quelli del Nevada e della Florida, dove la crisi è stata più grave.
In una vera e propria unione monetaria – come gli Stati Uniti – la redistribuzione fiscale non è limitata all’unione bancaria, ma comprende anche trasferimenti fiscali automatici (come l’assicurazione federale contro la disoccupazione) e trasferimenti ad hoc. Un terzo del pacchetto di stimolo da 800 miliardi di dollari approvato da Obama nel 2009 conteneva trasferimenti eccezionali agli stati.
Cosa e quanto ha fatto l’Unione europea per i paesi più colpiti dalla crisi?
Nel suo confronto con gli Stati Uniti, tuttavia, Giavazzi ha un lapsus freudiano molto rivelatore, quando confronta Angela Merkel con Barack Obama. A differenza di Obama, Angela Merkel, non è il presidente legittimamente eletto dell’Unione, ma semplicemente il capo dello Stato più potente. È più come Andrew Cuomo, governatore dello stato di New York, o Jerry Brown, governatore della California. Che lei sia responsabile dei negoziati rivela l’errore fondamentale dei padri fondatori dell’euro: realizzando l’unione monetaria prima dell’unione politica, hanno creato non un’unione democratica, ma una egemonia tedesca.
Negli Stati Uniti anche gli stati più piccoli hanno due senatori, lo stesso numero di quelli più grandi. Questo dispositivo costituzionale assicura che sarà fatto l’interesse di tutto il popolo americano, non solo di quello dello stato economicamente più potente. Al contrario, l’approccio intergovernativo europeo, fa sì che l’Unione europea sia gestita principalmente nell’interesse di tedeschi e francesi. E non dei popoli tedesco e francese, ma delle banche tedesche e francesi. Nel 2010, quando queste erano pesantemente esposte verso la Grecia, “salvare” la Grecia era una priorità. Ora che hanno scaricato il loro discutibile credito sulle spalle dei contribuenti europei, sono felici di lasciare andare la Grecia.
Il merito dell’articolo di Giavazzi è quello di rendere molto chiara la posizione dell’élite pro-Europa. La Grecia non è essenziale per salvare il progetto europeo nella forma attuale. Si sta quindi cercando di correggere un errore con un altro errore. Il progetto europeo nella forma attuale non è sostenibile e non per colpa della Grecia.
È arrivato il momento di riconoscerlo e fare del nostro meglio per risolvere il problema.
giugno 14, 2015