Intervista a Francesco Caio
«L’annuncio della Francia, due giorni fa, di un forte stanziamento pubblico per la banda ultralarga s’accompagna all’iniziativa del governo Brown che metterà 50 pence su ogni bolletta per finanziare la rete di nuova generazione. Gli altri paesi accelerano».
L’Italia non è al palo, ma su un passaggio tecnologico cruciale, rischia di scivolare verso l’eterna affabulazione avvolta com’è in un dibattito senza fine. Francesco Caio già responsabile di Olivetti, Omnitel, Merloni, Cable & Wireless, oggi nei ranghi più alti di Nomura e consulente sia del governo inglese sia di quello italiano sullo sviluppo del digitale, spinge ad agire.
«All’inizio dell’anno avevo avuto la sensazione che altri paesi fossero più determinati. Ora i dubbi sono diventati fatti. L’Italia è stata sempre allineata ai partner, ma adesso Parigi e Londra ingranano una marcia diversa. Nel 2010 sarà essenziale un’indicazione di politica industriale. E non mi riferisco alla banda larga che pure è assolutamente indispensabile anche per dare coerenza al piano Brunetta, ma a quella in fibra ottica».
L’ultralarga, appunto che ha ancora costi indefiniti e tempi di realizzazione incerti…
Ha ragione sia chi ha parlato di 3 miliardi di euro sia chi ha parlato di 10. I costi dipendono da quanto in profondità vuoi andare. I tempi sono lunghi: cinque-sette anni. Per questo è urgente agire al più presto.
In realtà la super-banda con velocità multipla di quella attuale è tema che ci porta dritti dritti allo scorporo della rete Telecom…
La questione va posta in termini diversi. Vediamone gli elementi. La Cassa depositi e prestiti segnala la propria disponibilità a valutare un piano di cui l’istituto stesso non può essere iniziatore. C’è, quindi, l’interesse di un ente pubblico al progetto per creare un’infrastruttura condivisa di rete unica. Poi c’è l’Europa che lascia intendere di comprendere, in questa fase, il ruolo dello stato, ma avverte che non dovrà avere le forme di aiuto statale. Come coniugare le due cose? Il beneficio pubblico deve essere scambiato con la creazione di un network realmente aperto, un patrimonio messo a fattore comune di tutti i gestori. La rete dovrà, pertanto, diventare la base per misurare la competitività dei giocatori in campo. E l’Europa dice altro. Suggerisce, cioè, forme di collaborazione fra chi la utilizzerà tracciando un percorso che potrebbe, fra le ipotesi in campo, disegnare un ruolo nella nuova infrastruttura per la Cassa, uno per Telecom e poi per gli altri.
Lei sostiene quindi che buchi e cavi non sono materia per competere.
La concorrenza deve essere sui servizi, non sulle reti. Questo implica passaggi importanti, nel rispetto di tutti gli attori. Si tratta di capire come usare nel modo migliore le infrastrutture e come far migrare gli utenti verso l’ultralarga. Telecom Italia ha un ruolo importantissimo. Bisogna creare un’architettura che non penalizzi nè Telecom, nè gli altri. Un’equazione che si può far quadrare, ma è essenziale capire che la concorrenza è sui servizi offerti agli utenti.
In Inghilterra non avviene lo stesso?
In Gran Bretagna c’è la tv via cavo che è un elemento altro di concorrenza. British Telecom ha cominciato a posare la fibra ottica per rispondere a questa situazione. E non è un caso che, come le dicevo, si assista ora ad un’accelerazione. Il 2009 è l’anno in cui tutti, grazie anche alla crisi, si sono resi conto che internet non è un accessorio, che il digitale non è parte dell’economia, ma è l’economia. Siamo su un nuovo territorio quello della progettualità. Il legislatore deve prendere in mano questa situazione. Penso alle norme che regolano la proprietà intellettuale e il diritto d’autore. Quanto siano importanti lo stiamo vedendo con la vicenda Google. La rete è libertà d’espressione, e siamo tutti d’accordo, ma ci sono variabili economiche che vanno tenute in considerazione per arrivare – e faccio un esempio – ad assicurare il finanziamento non dei giornali ma del giornalismo.
La tecnologia ha cambiato funzione…
Certo, da ruolo ancillare che aveva, ora è protagonista. E proprio per questo bisogna ripensare all’impianto legislativo nella consapevolezza del mutato ruolo della tecnologia, della straordinaria potenza che ha assunto imponendo la riscrittura delle regole. L’interferenza dello sviluppo tecnologico nella nostra vita non potrà che aumentare perchè la rete che non è elemento alieno, ma parte integrante della nostra vita.
Leonardo Maisano
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