La lettera di Giovanni Paolo II ai vescovi italiani per un’Italia nuova, contiene richiami morali e politici che si rivolgono a tutti gli italiani. Non solo ai cattolici praticanti e, soprattutto, non solo a formazioni politiche le quali rivendichino (del resto ormai in maniera molto problematica) la patente di «partito cattolico».
Mi pare che, nella lettera al Pontefice, vada sottolineato soprattutto l’invito all’impegno per il rinnovamento sociale e politico, rinnovamento per il quale la lettera offre anche indicazioni più specifiche, che escludono ogni cedimento alla retorica del «nuovo ad ogni costo», di cui si è fatto grande spreco in questi ultimi tempi.
Non è autentico rinnovamento, dice il Papa, quello che si proponga di rompere, o anche solo di incrinare l’unità culturale degli italiani, sia con proposte separatiste, sia anche con la promozione delle tante tendenze corporative che serpeggiano nella nostra società. L’unità nazionale non viene così rivendicata in termini grettamente nazionalistici, ma vista come supporto culturale di una larga solidarietà tra regioni, ceti sociali, categorie professionali, gruppi di età.
Segue di qui che non è vero rinnovamento quello che pretende di ispirarsi a una visione duramente concorrenziale, o addirittura darwiniana, della vita sociale. Mettere a frutto tutti i propri talenti, impegnarsi nel lavoro e anche nella politica non è un mezzo per prevalere sugli altri nel nome di una astratta meritocrazia o anche di un ideale puramente economico di efficienza produttiva, bensì un modo concreto di esercitare apertura al prossimo, solidarietà, disponibilità.
Non è difficile dedurre da queste indicazioni morali i principi per escludere dall’orizzonte delle possibili scelte elettorali di un cattolico, tutte quelle formazioni, quei programmi, quei candidati che fanno leva su retoriche separatiste, su ideali di rampantismo sociale che rifuggono anche dal solo nome della solidarietà o che si richiamano a modelli di società, come quella fascista, che l’Italia si è fortunatamente lasciata alle spalle.
Il Papa autorevolmente richiama, nella sua lettera, i valori di solidarietà, di unità nazionale, di ricerca della pace in un’Europa sempre più integrata, di efficienza intesa più come servizio del prossimo che come mezzo di promozione individuale.
L’imminente competizione elettorale pone i cattolici, scartando il falso efficientismo della destra separatista, liberista, o decisamente filofascista, di fronte all’alternativa tra il polo progressista e il programma di centro del Patto per l’Italia e del Partito popolare che legittimamente si presentano come prosecuzione della migliore esperienza del cattolicesimo sociale, che è stato così determinante per la ricostruzione dell’Italia nel dopoguerra e per la difesa delle istituzioni democratiche e della libertà di tutti.
Credo si debba riconoscere che il pericolo per i valori riaffermati così accoratamente dal Santo padre nella sua lettera, viene soprattutto di là, dal liberismo individualista, dal separatismo, dal neo fascismo, alleati in una miscela che potrebbe riuscire fatale al futuro della stessa democrazia italiana.
È allora ragionevole che i cattolici vi oppongano una politica fondata sui valori della solidarietà, del rinnovamento, in definitiva dell’etica e senza dimenticare il pericolo che, nel nuovo sistema uninominale è rappresentato dalla dispersione del voto.
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marzo 20, 1994