Un anno fa, il 2 di maggio, l’Italia veniva ufficialmente ammessa a far parte dell’unione monetaria. A un anno di distanza, poco manca che nessuno se ne ricordi. Allora il nostro ingresso coi primi nel club dell’euro faceva il titolo a piena pagina, oggi a far notizia è proprio questa indifferenza.
Allora fiumi d’inchiostro per spiegare i rischi, e fiumi di tasse versati per scongiurarli. Oggi un trafiletto per chiedersi il perché di questa rimozione.
Non se ne parla – potrebbe essere una spiegazione – perché abbiamo talmente assimilato il nostro essere eurocittadini che è come se lo fossimo da sempre. Che non si possano più finanziare le spese coi debiti da noi lo sanno maggioranza e opposizione, anzi lo sanno meglio di altri; tant’è vero che il governo Prodi è caduto per un errore di calcolo sui rapporti politici interni della sua coalizione; mentre è per contrasti sulla politica economica che il governo tedesco ha dovuto liberarsi di Oskar Lafontaine. Il «trucco», come sosteneva Ciampi, era solo agganciare i tassi di interesse tedeschi, l’eurotassa era un prestito per giocare una partita sicuramente vincente. Ci hanno fatto credere che era difficile entrare nell’euro, invece era solo rischioso non entrarci. Eravamo pronti e preparati per entrare nel club, i fatti lo hanno dimostrato, la ricorrenza non ci commuove più di tanto. Per l’ottimista questa indifferenza è logica.
Non così per il pessimista. Ci hanno fatto credere che si potesse entrare nell’euro aumentando le tasse anziché tagliando le spese; ora i veri rischi sono quelli che corriamo stando nell’euro. Una disoccupazione tra le più alte d’Europa, un paese spaccato in due, una macchina statale costosa e inefficiente, trasporti prossimi al collasso, un prelievo fiscale che scoraggia le iniziative: se il tempo dovesse girare in tempesta, non potendo più contare sulla svalutazione, per noi sarebbero guai seri. Ma noi continuiamo a non dare ascolto a chi ammonisce che la vita nell’euro è un Purgatorio, non poniamo mano ai nostri problemi. Per il pessimista questa rimozione è incoscienza.
Intanto, mentre l’economia americana cresce, quelle europee ristagnano, l’euro in quest’anno ha perso il 16%. La Commissione europea è stata sfiduciata. Presidente di quella nuova sarà Romano Prodi: i meriti europei sono serviti a candidarlo, ma è stata la guerra per il Kosovo a farlo nominare. Perché i traguardi raggiunti si dimenticano, i problemi difficili si rinviano, a muovere le azioni degli uomini sono perlopiù le emergenze. E questo lo osservano i realisti.
Tweet
maggio 3, 1999