Il 24 Agosto potrebbe essere un giorno importante: si è avuto notizia di un passo avanti molto significativo verso il controllo della fusione nucleare, il processo che darebbe energia in quantità illimitate, a basso costo, senza emissioni di gas nocivi, senza i pericoli degli attuali impianti nucleari, e senza lasciare scorie che restano radioattive per millenni. La stessa energia che alimenta il sole.
Il Sole che state leggendo non è una rivista di fisica, il sottoscritto non è uno scienziato: ma un minimo di informazione è necessario. Mentre nella fissione nucleare un nucleo di un elemento pesante, uranio o plutonio, bombardato da neutroni, si scinde in elementi più leggeri rilasciando energia e radioattività, come nella bomba atomica o nei reattori nucleari oggi un funzione, nella fusione nucleare succede l’opposto: due nuclei leggeri vengono avvicinati fino a unirli tra loro generando un nucleo di massa minore della somma delle masse e un’elevata quantità di energia, in forma incontrollata nelle bombe a idrogeno, in forma controllata nei reattori a fusione termonucleare. Il progetto più ambizioso è ITER, finanziato da Europa, America, Giappone e Cina: la centrale in costruzione a Cadarache in Francia per provare la fattibilità di un vero impianto produttivo, doveva costare 10 miliardi di €, siamo già a 15. Il National Ignition Facility a Livermore del Department of Energy USA ha un costo stimato in 4 miliardi di $. In mezzo a questi giganti pubblici c’è un’azienda di Foothill Range in California, Tri-Alpha Energy, che sta provando la fattibilità di un modello basato su un principio diverso. (Per gli appassionati, boro- idrogeno, anziché deuterio -trizio). I problemi tecnici sono immensi: perché i nuclei si fondano bisogna portarli a temperature di milioni di gradi. La rivista Science pochi giorni ha dato la notizia fa: a Tri-Alpha hanno raggiunto i 100 milioni di gradi per 5 millisecondi, un ordine di grandezza in più rispetto ai loro esperimenti precedenti e nettamente superiori a quelli di ITER. Per gli scienziati (che hanno assegnato a Toshiki Tajiama, chief science officer, il premio Fermi) è questa la notizia. Per noi la notizia è che questa innovazione è di una società privata. Tra gli azionisti di Tri-Alpha Energy troviamo Goldman Sachs, il co-fondatore di Microsoft Paul Allen, Rockefeller Kenrock, il fondo russo Rosnano. E il tema dell’innovazione interessa moltissimo al giornale che state leggendo e al sottoscritto che vi scrive.
Non si intende aggiungere materiale alla polemica sullo stato innovatore, politicamente strumentale e scientificamente non sempre rigorosa, ma di volare un po’ più alto, sul ruolo che ha l’impresa innovatrice nello sviluppo economico. Secondo Nathan Rosenberg la spiegazione di “come l’Occidente è diventato ricco” (titolo di un suo libro scritto con Luther Birdzell e tradotto dal Mulino) sta nelle libertà da controllo politico e religioso che da metà ‘800 furono concesse alle imprese. “Senza avere praticamente pensato o discusso, l’Occidente delegò alle imprese le decisioni fondamentali del processo di innovazione, quali idee dovessero essere sperimentate e quali accantonate”. Le industrie a proporre innovazioni, i mercati a individuare i beneficiari dei vantaggi e l’entità del vantaggio. L’innovazione per sua natura è legata all’incertezza, sui costi della sperimentazione, sui benefici, sul tempo in cui li si potranno cogliere prima che altri la imitino. L’instaurarsi del processo innovativo presuppone un rapporto di proprietà tra chi decide di innovare e chi ha i mezzi, tecnici ed economici, per sperimentare. Un sistema socialista non può ricalcare il sistema occidentale di innovazione, il dirigente di un’impresa di Stato non dispone degli stessi incentivi del proprietario dell’impresa capitalistica su uso delle risorse, prodotti da lanciare, prezzi da praticare. “Il sistema occidentale dell’innovazione risulta interconnesso […] con il suo sistema di diritti di proprietà privata”.
Innovazione è anche l’organizzazione d’impresa: la varietà di forme legali, finanziarie, sindacali per soddisfare gli interessi dei partecipanti, e per evitare che l’insuccesso di un’azienda significhi l’abbandono di un filone di sperimentazioni. E’ una semplificazione sottolineare solo il ruolo delle grandi imprese: se si perde di vista quello giocato dalle piccole nell’attività economica e nell’innovazione, si perde la “capacità di spiegare sia la crescita economica occidentale sia gli sforzi competitivi che sono notoriamente la caratteristica delle economie occidentali”.
Rosenberg non ha fatto in tempo a trovare, nella recente sperimentazione nella fusione, l’ennesima conferma alla sua spiegazione della causa della ricchezza dell’Occidente. E’ morto il 24 Agosto, proprio il giorno in cui Science dava notizia del successo di Tri-Alpha.
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settembre 10, 2015