Il problema di verità della Russia*

aprile 28, 2022


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


Al direttore.

Bucha resterà il fatto più emblematico della Guerra di Ucraina. Non per le efferatezze delle truppe russe, non per i cadaveri lasciati per strada, le mani legate dietro la schiena, non per la precisione con cui è stata documentata: ma per la sfacciata negazione della verità, per cui si tratterebbe di una messa in scena, un “set cinematografico” montato dalla propaganda ucraina. Putin aveva creduto che a riscrivere la storia bastasse onorare con la medaglia al valore gli “eroi” di quella carneficina: dovrà trasformarla in un premio allo sceneggiatore.

Bucha ci ricorda che esiste un “problema di verità”, “l’idea che il concetto di verità in democrazia svolga una ruolo politicamente cruciale” nel senso che la democrazia è verità al potere, come scrivono Franca D’Agostini e Maurizio Ferrera nel libro omonimo. (Einaudi, 2019). Se il diritto di parlare e di discutere è esteso idealmente a tutti, allora il vero potere non è del popolo, ma di ciò che i suoi rappresentanti credono, cioè da come derivano conclusioni che ritengono vere da premesse che ritengono vere. Questo comporta individuare i beni che consentono l’uso di questo diritto. Dal processo di Norimberga, a quelli per i desaparicidos in America Latina, a quelli per il risarcimento -riconciliazione dell’Apartheid, il diritto alla verità è parte consustanziale dei tribunali per i diritti umani. “Il bisogno di verità diventa una forza politica, garantita in termini di diritti universali.” L’enunciazione non basta: bisogna che siano attivati, politicamente e giuridicamente, una serie (sei per i nostri autori) di diritti specifici (a cui corrispondono altrettanti diritti a essere protetti dal loro contrario). Nel campo della comunicazione, quello di essere informati e quello di ricevere un’educazione che permetta di discriminare il vero dal falso; nel campo della scienza, di essere riconosciuti come fonti affidabili di verità, e del diritto di disporre di un sistema scolastico affidabile; nel campo della cultura, il diritto di vivere in un ambiente in cui questi beni sono riconosciuti, e il diritto di vivere in una società in cui l’importanza della verità nella vita privata e pubblica è riconosciuta.

Nelle società liberal-democratiche questi diritti o sono attivati o la loro attivazione è considerata auspicabile.

Nelle società totalitarie, quella russa in particolare, è tutto il contrario: la censura è applicata in tutte le gradazioni, dal controllo dei contenuti all’abolizione del contenitore, al fare tacere la voce dissenziente in una prigione o in una tomba. Son passati novant’anni da quel “buio a mezzogiorno”; ma quella negazione sistematica della verità fa parte della storia della Russia, e nessuno la può dimenticare.

Ed è forse anche per quello che l’Ucraina ha scelto di vivere in un mondo dove la verità è o può essere al potere, e rifuggire da quella dove a chiamare le cose col loro nome si va in prigione per anni. In questo senso ho detto che la menzogna “premiata” di Bucha è emblematica di questa “speciale operazione di menzogne”.

Non si pone un problema di “verità al potere”, e di scelta del mondo in cui vivere, chi (Tommaso Montanari a Otto e Mezzo del 25 Aprile) si domanda dove possiamo finire noi che conduciamo “una guerra per procura” decisi a farla andare avanti “fino all’ultimo ucraino”; e quel che è peggio non se lo pone neppure Lucio Caracciolo, preoccupato di sapere quale sia la linea rossa di Kiev per il compromesso che dovrà por fine a questa guerra. Peggio perché detto da chi dirige una rivista chiamata “Limes”, e che quindi dovrebbe essere il primo a sostenere che chi ha violato il “limes” invadendo i confini del vicino non può essere premiato da un compromesso che sancisca la sua invasione con una conquista territoriale. Sul Donpass c’è sempre stata disponibilità a discutere, ma ciò che si sta prospettando, una saldatura con la Transnistria che tagli lo sbocco al mare e privi il granaio d’Europa del suo porto naturale non sarebbe un compromesso, ma un delitto che macchia per sempre. Putin è un invasore seriale, con cui cerca di realizzare per la seconda volta il sogno di “Ein Volk, ein Reich, ein Fuehrer”. Non è bastata la prima?

A proposito di invasore seriale, per quella della Crimea ci sono ancora sanzioni in vigore. Immagino che un compromesso ne comporterebbe la soppressione. In cambio di che?




*Nella versione originale pubblicata su Il Foglio alcune frasi sono state tagliate per questioni di spazio.

ARTICOLI CORRELATI
La verità al potere. Sei diritti aletici.
di Franca D’Agostini e Maurizio Ferrera – Einaudi, 2019 – pp. XII – 132

La guerra, le menzogne e il diritto alla verità
di Maurizio Ferrera – Il Corriere della Sera, 9 aprile 2022

Is Weakening Russia a Bad Idea?
di Emma Ashford – Foreign Policy, 29 aprile 2022

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