Intervista di Roberto Bagnoli
ROMA – «Il futuro di Pomigliano dipende dagli ostacoli che Marchionne pensa si frappongano al suo obiettivo strategico, raggiungere il fatidico limite dei 6 milioni di vetture. Secondo me, il maggiore è quello di avere buone automobili e una rete commerciale capace di venderle». Franco Debenedetti, liberista di sinistra, imprenditore e dal 1976 al 1978 direttore del settore componenti Fiat, è convinto che la partita decisiva sia diversa da quella che appare in questi giorni sui media.
Allora lei chiuderebbe Pomigliano?
« Per non rilanciarlo paga un prezzo politico, e su questo si scatenerà la battaglia per la interpretazione del risultato del referendum. Ma io non lo sopravvaluterei»
Migliaia di lavoratori perderebbero il posto. C`è un rischio sociale molto alto. Non crede?
«Certo, ma la “costituzione materiale” che vige a Pomigliano da anni, forse dalla sua fondazione, è nota. Neppure chi protesta contro la riduzione dei diritti dei lavorato ri nega che certi andaz,71 zi debbano finire. Il problema è di garantire che ciò avvenga».
Ma la Fiat ha già investito su Pomigliano 100 e passa milioni di euro. Perchè lo ha fatto allora?
«Me lo sono chiesto anch’io. Penso che Marchionne davvero ci credesse, di riuscire a cambiare la mentalità. Buon investimento comunque: averci creduto allora lo rende credibile oggi».
E oggi c`è anche il referendum. Qual è secondo lei il grado di successo dei sì per convincere Marchionne a non gettare la spugna e restare a Pomigliano?
«Quasi un plebiscito. Il problema sono le garanzie. La verità è che Marchionne non può rischiare di infilarsi in un tunnel di ricorsi infiniti».
Nel caso di chiusura non motivata non crede si apra un conflitto con tutte le sigle sindacali e in tutti gli stabilimenti italiani?
«E un rischio ma io penso che il sindacato sappia riconoscere che la storia di Pomigliano è davvero particolare. L`assenteismo negli anni passati ha raggiunto punte del go% e, dopo la ristrutturazione, è sceso al 9-10%. In una azienda efficiente non supera il 4-5%. Naturalmente tutto questo se vale la mia interpretazione che il problema strategico della Fiat sono i modelli e la rete commerciale».
E se no?
«Se Marchionne invece ritiene che i modelli verranno, piaceranno e la rete li venderà con successo, allora il problema è solo quello di produrle. E allora oltre alla Polonia già efficiente, serve anche una Pomigliano efficiente».
giugno 22, 2010