Michele Lombardi intervista Franco Debenedetti
Roma. «Basta prendersi tutte le dichiarazioni fatte da politici e da ministri per rendersi conto che un intervento del governo nella vicenda di Telecom c’è stato ed è stato pesante». L’ex senatore Franco Debenedetti, un passato di manager e per oltre dieci anni eletto nelle liste Pds-Ds, non si stupisce più di tanto di fronte alle accuse dell’ambasciatore americano, Ronald Spogli, che dice: «In Italia, la presenza del governo nell’economia è molto forte».
Gli americani si sono lamentati per il ruolo avuto dal nostro governo, che avrebbe messo in fuga l’AT&T. Lei condivide questo giudizio?
«Sarebbe negare l’evidenza sostenere che non ci sia stato un intervento forte della politica. Della politica in generale, e di ministri in carica».
Il governo si è quindi schierato mentre la partita era in corso?
«Ricorda il piano Rovati? Prodi dovette andare in Parlamento a chiarire. Ma anche più recentemente, Gentiloni che si dice preoccupatissimo, Prodi che frusta l’imprenditoria italiana, Di Pietro che si è già allenato con Autostrade. Più a sinistra poi….Ma ci sono anche interventi pesanti, come per esempio quelle dell’amico senatore Luigi Zanda, che ha adombrato la minaccia di interventi della magistratura in realazione alle indagini che hanno portato in carcere manager della sicurezza Telecom. Ma stiamo ai fatti: Tronchetti ci aveva provato con Murdoch prima, con Telefonica poi, e sempre gli erano stati posti dei veti. Con At&T siamo al “non c’è il due senza il tre”».
Più che altro, il governo ha sollevato il problema della rete telefonica, che andrebbe tutelata. Una preoccupazione fuori luogo?
«Le chiedo: perché si sono accorti del problema rete solo quando Tronchetti ha detto che vuol vendere? Il Governo ha sempre equivocato: Primo, su ciò di cui si parla: di tutta la rete o dell’ultimo miglio? Secondo, su che cosa si intende per separare: societariamente o funzionalmente? Terzo, su chi lo fa: il governo con una legge o l’Authority con un contratto? Molti che invocano il modello inglese di Openreach manco sanno di che cosa parlavano. Openreach è un contratto proposto da British Telecom al regolatore Ofcom, non su una norma di legge. La differenza è sostanziale. Ci sono due parti che trattano alla pari in un contratto liberamente sottoscritto, la legge è il potere dello Stato verso tutti. Un contratto è modificabile e reversibile: in un campo in cui la tecnologia ridisegna i mercati quasi ogni anno, è essenziale mantenere flessibilità».
Ma il governo sostiene di voler solo rafforzare i poteri dell’Authority di settore. Non è così?
«Intanto il Governo ha dovuto ripiegare su questa posizione perché già Bruxelles era pronta a fischiare il fallo. Ma resta l’ambiguità. Perché il Governo dice “io ti do più poteri perché tu li possa usare in un certo modo”. In questo modo nega l’indipendenza dell’Authority, che è ciò che distingue un’Autorità dalla direzione di un Ministero. Proprio quello che voleva fare l’ex ministro Marzano per l’elettricità ed il gas, e noi giustamente gli sparavamo contro. Ma senza Autorità indipendenti non ci sono liberalizzazioni: abbiamo faticato tanto a metterle in piedi, pur con tutti i loro limiti, e ora il governo di centrosinistra cosa fa? Le vuole trasformare in ministeri».
I poteri dell’Authority sono un falso problema?
«L’Authority ha già i poteri che gli servono, glieli ha dati una norma comunitaria, li sta usando, e Bruxelles l’ha elogiata! Ma il Governo aveva bisogno di una minaccia da poter usare per contrastare soluzioni societarie che non piacevano. E la fuga di AT&T dimostra che ha funzionato».
Con gli americani in fuga, ora spunta anche Mediaset. Come valuta questa presenza nella corsa per conquistare Telecom?
«È Prodi che ha detto più e più volte che voleva una soluzione industriale italiana. Se quindi si restringe l’ambito dei possibili concorrenti perché stupirsi di un interesse di Mediaset?
E il conflitto d’interessi?
«Il pericolo che io vedo riguarda piuttosto l’assetto politico del Paese: io sono un bipolarista convinto. E perché ci sia bipolarismo ci vuole un leader della maggioranza e uno dell’opposizione entrambi forti, e con profili netti».
aprile 19, 2007