La controversa vicenda del filosofo e del suo assistente, accusato dalla Procura cli “circonvenzione d’incapace”
«Ogni uomo trova, nella sua vita, una donna che lo vuole salvare: a volte ci riesce». La frase, incorniciata, stava in bella vista nell’ufficio di Libero Gualtieri, repubblicano, romagnolo, scapolo che avevamo eletto capo di «Sinistra Democratica», il gruppo parlamentare del Senato che avevo contribuito a costituire nella XII Legislatura. La frase mi attraversò veloce la mente quando, nell’autunno del 2018, sentii al telefono M., una delle amiche storiche di Gianni Vattimo, che, con voce concitata, mi chiedeva che cosa stesse succedendo da lui, dove a suo dire, regnava «un’atmosfera plumbea»: «Sempre quel Simone tra i piedi!» fu la sua replica alla mia richiesta di chiarimenti. Anch’io, quando invitavo Gianni a pranzo al ristorante, avrei preferito che a chiacchierare fossimo solo noi due, amici da poco meno di mezzo secolo. Ma Gianni non se la sentiva di uscire senza il braccio di Simone; senza l’aiuto di questo ragazzo di origine brasiliana, chi avrebbe risposto alle email, pagato le fatture, rimpiazzato le badanti, cercato i libri nei piani alti della libreria, affittato una casa dove rifugiarsi dall’afa estiva?
Nei mesi seguenti, la frase ebbe modo di ritornarmi in mente, questa volta in tutto il suo spessore: perché la sua salvifica preoccupazione l’amica la comunicò ad altre amiche, animò cene e incontri, e un’alchimia cambiò l’«atmosfera», da plumbea che era, in aurea: nel senso che il povero Simone venne accusato, non di essere fonte di disagio per gli ospiti, ma di essere troppo a suo agio nei conti in banca del Professore.
È vergognoso che
il maggiore pensatore
italiano debba subire
visite psicologiche
«Povera e nuda vai filosofia»: ma Vattimo, tra la pensione di accademico e quella di parlamentare europeo, una bella casa torinese al terzo piano in via Po tra piazza Castello e l’Università, e qualche risparmio bene investito, non ha problemi economici per il resto della sua vita. La sua preoccupazione, dopo che i due suoi grandi amori morirono uno dopo l’altro, è sempre stata quella di sapere a chi lasciarli i soldi: questa fu la sola ragione per cui un bel giorno decise di sposare una delle sue amiche. Non si capisce Gianni senza comprendere questo suo sentirsi in debito, donde il bisogno di aiutare con regolarità il cognato malato, la mamma di Stefano (il predecessore di Simone), i suoi assistenti parlamentari a Bruxelles, ecc. Banale interpretarlo come senso di colpa: per me è piuttosto l’orgoglio di chi si vantava delle sue tre C, cattolico, comunista, «cüpiu».
L’interesse diede sostanza alle ciance, e parla che ti parla, una cena dopo l’altra, la vicenda suscitò il salvifico istinto di una delle «amiche», che ritenne di portare la cosa all’attenzione del magistrato: questi, essendo la circonvenzione di incapace un reato, per l’articolo 112 della Costituzione non può che iscrivere Simone nel registro degli indagati. Se c’è un circonveniente, ci vuole un circonvenuto: un perito ne attesterà la influenzabilità; e, a impedire le reiterazione del reato, un amministratore di sostegno vigilerà su ogni uscita di danaro. Tutto logico, tutto consequenziale.
Non si può impedire
a un uomo di essere
generoso, se in ciò trova
la sua completezza
Ma il risultato complessivo è qualcosa di cui vergognarsi. Perché è vergognoso che il maggiore filosofo italiano della seconda metà del ’900 debba essere sottoposto a visite psicologiche per accertare se è «incapace»: è vero, a 85 anni non scrive più un libro con la grinta di un tempo, legge Simenon (e ogni sera qualche pagina in tedesco tanto per non perdere l’abitudine, ma non Heidegger). E che la visita lo dichiari «influenzabile», come se, nell’epoca del digitale, a esserlo non siano milioni, forse miliardi di persone.
L’amministratore di sostegno è un serio professionista che esegue il suo mandato, ma le conseguenze possono essere impensabili: può accadere che un uomo che, figlio di una sarta, col suo solo lavoro intellettuale si è messo da parte un patrimonio che non è certo quello di Bill Gates, ma che non riuscirebbe a spendere nella sua vita, debba chiedere aiuto ad amici per pagare la spesa nel weekend, se il contante è finito e le sue carte di credito sono bloccate. Vergognoso impedire di essere generosa a una persona che in questo trova la sua completezza. Vergognoso rendere difficile a una persona di 85 anni, che avrebbe i mezzi per farlo, di prendere un alloggetto per sfuggire al caldo di Torino, dato che nessun padrone di casa vuole affittare a un amministratore di sostegno. Vergognoso infine anche nei confronti di Simone: non ci sarebbe nulla di male se avesse sperato di ereditare una parte del patrimonio di una persona che ha aiutato da dieci anni con capacità e con affetto; e non è giusto che venga incolpato di circonvenzione quando per giunta quello stesso patrimonio sotto la sua gestione è aumentato.
Per quelle che sono responsabili di aver messo in moto questo diabolico meccanismo non è una scusante non aver previsto dove esso avrebbe portato: vergognoso è proprio averlo concepito fin dall’inizio. Nel caso avessero giudicato che ci fosse qualcosa da controllare o correggere in quella casa, non hanno neppure pensato che avrebbero potuto provvedervi alcune tra le tante persone che ammirano Gianni e gli vogliono bene. Non potevano pensarlo: loro non sono tra quelle.
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