I film della nostra vita

aprile 1, 2009



I FILM DELLA NOSTRA VITA
76 leader d’opinione raccontano il film più amato

Della Porta Raffo Mauro (a cura di)
edizioni Ares, 2009


Contributo di Franco Debenedetti

Se per scegliere il film che mi è piaciuto di più scavassi nella memoria, dovrei poi verificare, e dunque rivederlo: correndo il rischio di rovinare un bel ricordo.
No, non voglio rivedere Hiroshima mon amour, voglio conservare la fascinazione di quel «à Nevers».
Così come l’«asa nisi masa» della bimbetta a Zvani in Otto e mezzo.
O la voce triste di Hal in 2001 Odissea nella Spazio, mentre muore incredulo che qualcuno possa distruggere la sua razionalità.

Rivederli in dvd? Per carità, film e cinema, nel senso di sala di proiezione, sono indivisibili, il ricordo del film è anche il ricordo di dove e qual modo l’ho visto.
Come scegliere i western o i telefoni bianchi visti a Saluzzo, nel cinemino trenta metri davanti alla casa dove eravamo sfollato nel 1942?
Che cosa c’è nel ricordo dell’Assalto dell’Alcazar, di Augusto Genina, visto in Corso Oporto 26, in rifugio, mentre cadevano le bombe a Torino?
Non riesco a fare emergere il titolo del primo film di cui ho memoria: avrò avuto sette anni, ero con mia madre, sicuramente il pomeriggio di un giorno feriale: la complicità trasgressiva per il tempo sottratto alla normale programmazione compiti-gioco-merenda-inglese-ginnastica ne fa il film per me più bello.
Grindhouse: a prova di morte è la pellicola con cui Quentin Tarantino vuole rievocare le gloriose sale cinematografiche di cinquant’anni fa, in cui i film venivano proiettati uno dopo l’altro.
E’ anche quello che più mi è piaciuto tra gli ultimi che ho visto.
E’, in questo contesto, paradigmatico: perchè protagonista è il film stesso, non come prodotto, ma come produzione.
Stuntman Miake non è un attore, ma una controfigura, la sua Chevrolet Nova SS è modificata per potervi installare la piatta forma di una cinepresa.
Ma quel mondo due volte finto, perchè a essere ripresa è la finzione di una finzione, realmente respinge fino ad ucciderlo chi, standone fuori, lo crede vero e vorrebbe entrarvi.
Pam, che chiede un passaggio a Mike, è uccisa.
Anche le sue quattro amiche vorrebbero entrare in quel mondo, lo credono vero: anche loro uccide Mike, un maschio psicopatico, dentro la sua macchina truccata, che fa nel mondo reale quello che finge come controfigura.
Quando invece ci prova con Zoe, Mike da inseguitore diventa inseguito, e alla fine viene ucciso da lei e dalle sue amiche.
Perchè Zoe, anch’essa una stunt, non teme la morte, a cavalca e la sconfigge.
Negli anni Sessanta e Settanta di Grindhouse, l’industria culturale era adornianamente accusata di manipolare seducendo con i loro beni da consumare: la Campbel Soup ha di per sè un valore estetico, coma ha fatto capire Andy Warhol. Oggi, nella società delle comunicazioni, l’industria dello spettacolo manipola seducendo con l’immagine di sè stessa: il miraggio di un mondo estetizzato per scongiurare una vita insignificante.
Una vita che può ucciderti o donarti l’immortalità.

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