I compiti della bicamerale

febbraio 14, 1997


Pubblicato In: Giornali, La Repubblica


Tre giorni fa su Repubblica Stefano Rodotà ha fermamente invitato a tenere ferma la Bicamerale sui temi ordinamentali svolti nella seconda parte della Costituzione, e ha implicitamente tacciato di spirito sovversivo chiunque tenti di investire la Commissione dei principi fondamentali posti invece nella prima parte della Costituzione.

Su questo tema desidero porre esplicitamente un quesito: forse la forma di Stato e di Governo non hanno influenza sulle modalità con cui i rapporti civili, economici e politici vengono concretamente definiti dalla legislazione ordinaria? Di conseguenza, perché perdere l’occasione per collegare a questa fondamentale riforma alcune altrettanto fondamentali revisioni dei concetti – storicamente superati- per disegnare l’intervento pubblico in economia? È vero, sollevando questo interrogativo mi pongo deliberatamente fuori da un’interpretazione restrittiva del mandato della Bicamerale: ma è anche vero che le Costituzioni si cambiano a intervalli lunghi, ed è allora che va aggiornato tutto il possibile.
Che la nostra Costituzione economica (art. 35-47) sia il risultato di un compromesso tra volontà collettiviste e teoria sociale cristiana, appena moderate da qualche ispirazione liberale, è cosa nota. Tutto testimonia di una pregiudiziale convinzione nei fallimenti del mercato: l’iniziativa economica privata e’ vista come potenzialmente in contrasto con l’utilità sociale (art. 41 e 42), l’espropriazione e l’intervento pubblico invece pregiudizialmente ad essa favorevoli (art.43). Le parole impresa, mercato, profitto, neppure compaiono. La nostra costituzione economica mostra, come scrive Tommaso Padoa Schioppa, e’ ” un misto anacronistico di sfiducia nelle forze del mercato e di ottimismo sulle possibilità di governo”, in modo “da non essere incompatibile neppure con un programma di sovietizzazione dell’economia”.
E’ vero, il compromesso ha prodotto ambiguità, e queste consentono interpretazioni non in aperto contrasto con le modifiche intervenute nella nostra struttura economica, con ciò che e’ stato acquisito in termini di politica della concorrenza, di riequilbrio dei conti pubblici, di privatizzazioni.
E’ vero che il disposto congiunto di Costituzione italiana e Costituzione europea e’ tale da non essere incompatibile con le esigenze di una moderna economia di mercato; ma recepire in Costituzione gli impegni che abbiamo sottoscritto contribuirebbe alla nostra credibilità quanto il perseguimento dei famosi parametri.
Alla luce di queste premesse ho depositato tre ddl costituzionale, incardinati – e in questo, con il consenso spero anche di Rodotà, rispettosissimo anche formalmente della legge istitutiva della Bicamerale – negli articoli della seconda parte della Costituzione in cui attualmente si disegnano istituti dell’intervento pubblico in economia: sull’art. 81, legge di bilancio e copertura delle leggi di spesa ; sugli art. 97 e 98, pubblica amministrazione; e sull’art. 99, che attualmente disciplina il Cnel, dove ho inserito la tutela di mercato e concorrenza come beni pubblici. La scelta è stata guidata dal desiderio di rispondere a tre domande: perché abbiamo un debito pubblico così spaventoso; perché abbiamo tante leggi; come fare a rendere più dinamica la nostra struttura economica.
Non entro nel merito delle proposte: altri temi potevano essere scelti, e questi diversamente declinati. Perché non usare tutte le possibilità per colmare il divario culturale e normativo tra il modello di società cui miravano i costituenti e quello a cui con difficoltà tendiamo? Perché non dare una ragione ai sacrifici che a questo fine si chiedono?
I cittadini eleggono i loro governanti, e chiedono che essi facciano i loro interessi; ma questi si realizzano all’interno delle leggi dell’economia e del mercato. Governo del paese e governo dell’economia non sono quindi scindibili, le modificazioni delle forme di governo comporteranno, che lo si voglia o no, modifiche della Costituzione materiale. Per una revisione completa sarebbe stata necessaria la Costituente. Che almeno si faccia ciò che e’ possibile nei limiti della Bicamerale, e che lo si faccia col massimo coinvolgimento dell’opinione pubblica.

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