Al direttore.
Leggendo che “in Parlamento il partito Olivetti è ovviamente rappresentato dal senatore progressista Franco Debenedetti” (“Analisi – anche malevole – delle opinioni su Stet”, Il Foglio del 24 agosto), abbozzo dapprima una difesa sprezzante: “nun c’è bisogno ‘e zingara”, che aprire spazi all’iniziativa privata sia una delle ragioni per combattere monopoli e posizioni dominanti, questa si e un’ovvietà. E poi è chiaro, per l’articolista l’”ovviamente” di oggi sostituisce l’”oggettivamente” di ieri.
Ma ben presto mi accorgo che è inutile: sono scoperto, devo sconfessare tutto. Fui iniziato nel 1992, incombevano i progetti à la Guarino, e io sostenevo invece doversi privatizzare vendendo i singoli business: pur avendo lasciato da un anno Olivetti sapevo, ovviamente, che sarebbe in seguito entrata nei telefonini. Divenuto parlamentare, nel 1994 documentavo le ragioni di privatizzare l’Enel per attività separate: al fine di costituire un precedente favorevole al mio partito, ovviamente. Quando ho sostenuto che chi chiedeva a Berlusconi di risolvere il conflitto di interessi doveva logicamente volere la privatizzazione totale della Rai, sparavo solo a salve contro un obiettivo ovviamente (questo sì) irraggiungibile. E solo fuochi d’artificio erano le mie prese di posizione per il superamento del sistema delle scatole cinesi: ovviamente. Al divieto a Stet di entrare nella tv non deve corrispondere il divieto a Mediaset di entrare nella telefonia: è solo per svagatezza estiva se non ricordo il motivo per cui lo argomentavo, ma era senz’altro ovvio. Chiara invece la ragione della mia proposta per privatizzare le banche pubbliche: la situazione finanziaria dell’Olivetti, ovviamente. Per oggi ho finito la mia confessione. chiedo di essere ammesso al programma di protezione (finanziato da Mmp): cambierò nome, ormai ho una ragione in più per sapere che in questo paese i liberisti non vinceranno mai: ovviamente.
La risposta di Giuliano Ferrara
“Ovviamente” era un avverbio mal scelto. perché alludeva alla fratellanza senza tener conto di Caino e Abele. Per il resto non esiste difficoltà alcuna a riconoscere al senatore Debenedetti una indipendenza di giudizio che va oltre il suo grado di parentela con il presidente di Olivetti. Ma non sia così amaro, senatore; ci avevamo messo dell’ironia, avevamo tirato in ballo perfino le nostre simpatie e i nostri pregiudizi sulla questione Stet, prendendo un po’ in giro anche noi stessi. Ci riconosca almeno la buona fede, se non altro “oggettivamente”.
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agosto 28, 1996