Ancora un paio di giorni e il quadro legislativo in cui opereranno in futuro le Fondazioni bancarie sarà stato definito. Dopo gli interventi di Amato, Dini, Ciampi e Visco, l’approvazione da parte della Camera del testo Tremonti metterà la parola fine a questa lunga vicenda (un’eventuale modifica del Senato rischierebbe infatti di avere per conseguenza il ricorso all’esercizio provvisorio). E’ quindi della massima importanza che Governo e Parlamento dedichino le poche ore che rimangono a un’ultima, approfondita e spassionata disamina della questione vera, in fondo l’unica, che ancora desta perplessità: siamo sicuri che lo schema proposto dal Governo porterà alla totale privatizzazione delle banche? Siamo sicuri al 100%?
Conviene lasciarsi alle spalle le roventi polemiche dei giorni scorsi su chi comanda nelle Fondazioni, su libertà statutaria, sulla possibilità di destinare parte del patrimonio a finanziare opere pubbliche: tutte cose importanti certo, ma che riguardano àmbiti locali, e su cui alla fine gli elettori potranno ancora influire con il loro giudizio. Mentre il sistema bancario, gli assetti proprietari delle banche, influenzano lo sviluppo dell’economia del paese intero: e, se la legge fallisse il suo obbiettivo, diventerebbe praticamente impossibile intervenire ancora. Il testo Tremonti, che ha fatto chiarezza sulla catena di responsabilità nella gestione delle fondazioni, affidandola agli enti locali, obbliga ad una ancora più approfondita analisi: perché il rischio che corriamo, se non si privatizza, è di avere le banche controllate dalla Regioni. Invece in un’economia di mercato è nel mercato che si devono formare gli assetti di controllo.
Lo strumento a cui il Governo si affida per ottenere la privatizzazione delle banche è la SGR, introdotta per prima al San Paolo di Torino ( ma per uno scopo diverso, quello cioè di regolare i rapporti proprietari dopo la incorporazione di Cardine). Le SGR, nelle intenzioni del Governo, sarebbero la “ghigliottina” che assicura che nel 2006 le Fondazioni abbiano perso il controllo, anche in concerto tra loro, delle banche. Lo strumento è atto a dare la sicurezza al 100% di cui si parlava? In proposito si fanno due osservazioni:
1) A spingere a vendere c’è solo una molla molto indiretta: “La dismissione è comunque realizzata non oltre” il 2006, dice la legge, ma non dice che cosa succede se il dettato viene disatteso.
2) Le strutture proprietarie e gestionali delle SGR dovranno essere definite rispettivamente da Bankitalia e dal Tesoro. Questi interventi di autorità rischiano di introdurre opacità e sovrapposizione di influenze nelle SGR, quando queste società sono già regolamentate dal TUF e da direttive comunitarie.
Il percorso della vendita di una banca è paragonabile a una retta che deve passare per tre punti: un proprietario che voglia vendere, un acquirente che voglia comprare, un regolatore che dia il suo placet alla transazione. Nel caso delle banche possedute da Fondazioni, la probabilità che questi tre punti si trovassero allineati si è dimostrata non molto elevata: non c’è ragione per pensare che la situazione debba cambiare nel prossimo lustro. Il testo Tremonti concede un’ulteriore proroga di un anno alla dilazione già prevista dalla legge Ciampi: con il che si va al 2006. Per attendere i fondi pensione, si giustificano al Ministero dell’Economia: ma già si parla di rinviare la liberazione di parte del TFR, indispensabile per farli crescere, promessa nella delega delle riforma previdenziale. Inutile proroga, e debole argomento: i punti della retta non si allineano da soli.
E allora, per avere quella sicurezza al 100% di cui si parlava, è necessario rafforzare la “ghigliottina” delle SGR.
In primo luogo prevedendo che essa sia un obbligo, e non una facoltà, per tutte le Fondazioni bancarie.
In secondo luogo le Fondazioni devono dare alle SGR un mandato irrevocabile e incondizionato a vendere le partecipazioni di controllo entro la data prevista dalla legge.
Le SGR, infine, siano responsabili di eseguire il mandato; trascorso il tempo limite dovrà intervenire un Commissario governativo a dare attuazione alla prescrizione di legge.
Siamo all’ultimo atto: quando cadrà il sipario non ci sarà più modo di scrivere un altro finale. Oggi non è consentito sbagliare.
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dicembre 11, 2001