Fondazioni, le mani sull’economia

dicembre 7, 1998


Pubblicato In: Giornali, La Repubblica


La legge sulle fondazioni bancarie, che in settimana sarà nuovamente discussa dalla Camera, tocca due argomenti. Uno riguarda le fondazioni: che nuova missione affidargli? La legge é efficace ad ottenere che le fondazioni si riorientino a questa nuova missione? L’altro riguarda le banche: quale conseguenze ha la legge sui loro assetti proprietari? quale sull’efficienza del sistema economico?

Argomenti in sé ben distinti, che è doveroso tenere separati soprattutto quando essi si trovano riunificati nella stessa persona, come è il caso del presidente di una banca il cui azionista principale é una fondazione; e farlo con chiarezza tanto maggiore quanto maggiori sono prestigio dei personaggi e importanza degli istituti.
Invece proprio il giorno in cui il Senato discuteva la legge sulle fondazioni bancarie, sul Corriere della Sera usciva una lunga intervista di Giovanni Bazoli, in cui il presidente di Banca Intesa, di cui la Fondazione Cariplo é principale azionista, esprimeva la sua approvazione. E domenica 29 Novembre. alla vigilia del nuovo passaggio parlamentare, nuovamente il Prof. Bazoli è sceso in campo, questa volta per esprimere preoccupazioni: “L’ossessione del profitto una mina per l’economia” è il titolo, virgolettato, dell’intervista.

Quanto al ruolo delle fondazioni nei campi di utilità sociale indicati dalla legge, rivendico il merito di aver cercato di difenderlo dalla invadenza di altre attività che con quello nulla hanno a che fare e che quindi con quello confliggono. E’ evidente che concorrere al controllo di società industriali quotate confligge con il concorrere alla promozione di salute, formazione, cultura; diverse sono le competenze necessarie, diversi gli interessi in gioco.
Invece la legge consente queste “distrazioni”; chi ha voluto questa legge vuole che queste “distrazioni” siano possibili.

Non vale obbiettare che tale partecipazione era un buon affare, o che talaltra é stata presto venduta, o ancora che la tal fondazione si affida a esperti di vaglia, episodi tutti irrilevanti per la legge, che si occupa della generalità dei casi possibili: si indichi piuttosto quale comma e articolo inibisce alle fondazioni di impiegare i proventi dalle dismissioni bancarie per partecipare al controllo di aziende private.
Di nomina pubblica sono in ultima istanza i vertici delle maggiori fondazioni: era passato appena un giorno dal passaggio della legge in Senato e già i giornali riportavano notizie delle discussioni tra partiti per il rinnovo delle cariche proprio nella fondazione Cariplo. Si voleva una legge per fare uscire la mano pubblica dalle banche, si rischia di avere una legge che consente alla mano pubblica di entrare in aziende private.

Quanto al secondo argomento, quello che riguarda le banche ed i loro assetti proprietari, la difesa d’ufficio dell’ordine esistente ricorre alla la querelle tra strategie a lungo o a breve termine. Querelle che si pensava superata: almeno da quando si è constatato che il mercato corre a finanziare generosamente imprese che scommettono sul futuro anche se dichiarano che non faranno profitti per molti anni; da quando si sa che le imprese USA, ritenute più attente al breve, impiegano il capitale con un rendimento di lungo periodo nettamente superiore a quelle della più conservatrice Germania. Piuttosto é la presenza di investitori come le fondazioni, che non operano sotto il pressante controllo di azionisti, ad essere “una mina per l’economia”: lo dice, pur se in modo meno colorito, la Consob nell’audizione in Senato.
Una curiosità impertinente: é stato per “ossessione del profitto” che la fondazione Cariplo prima é entrata e dopo pochi mesi é uscita da Telecom? Affatto pertinente é invece l’altra questione, quella di corporate governance che oppone stabilità a contendibilità del controllo. Che la contendibilità sia vantaggiosa ai fini dell’efficienza, é opinione largamente condivisa, convalidata da teoria e da analisi empirica. Invece la presenza nella compagine azionaria di azionisti come le Fondazioni rende le banche difficilmente o del tutto non scalabili. Caldeggi il Prof. Bazoli presso i suoi azionisti il permanere di tale situazione nella banca di cui è presidente. Ma limpida sia mantenuta presso il pubblico la distinzione tra il caso che lo interessa e le regole che tutelano l’interesse generale.

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