La legge Finanziaria è al centro dell’attività parlamentare e del dibattito politico di fine anno, dibattito che a volte viene anche sovraccaricato di significati oltre la portata della legge stessa: che ha i limiti di un bilancio di previsione, e che di solito esce dalla discussione in aula assai diversa da come vi era entrata.
Per questo si ritiene opportuno riportare gli elementi fondamentali della manovra, quale essa fu inizialmente presentata. Non si può parlare di manovra economica senza ricordare la situazione da cui si parte: i 2 milioni di miliardi di debito, pari al 125% del PIL, e la spesa per interessi che ne deriva. Questa degli interessi è la voce assolutamente rigida del bilancio, perché dipende dai tassi internazionali e dalla nostra credibilità. I mercati ci applicano tassi dì interessi, rispetto alla Germania, superiori di 3 punti (e di 6 sui decennali). Tre punti fanno 60.000 Mld. Siccome l’inflazione pare sotto controllo, e la lira non è certo sopravvalutata, questa somma la paghiamo solo per il rischio-paese, il rischio cioè che lo stato non riesca a far fronte ai propri impegni. Ridurre questo rischio e questo costo è quindi l’obiettivo primo di ogni manovra responsabile.
É alla luce di questo fatto fondamentale che la finanziaria deve essere analizzata in merito a queste domande: è adeguata? è credibile? è praticabile?
È adeguata?
Ciò equivale a chiedersi se è corretto porsi un obiettivo di deficit di 136.000 Mld. Il disavanzo che mantiene invariato il rapporto debito/ PIL, cioè che non provoca l’avvitamento del debito, è dato dal debito moltiplicato il tasso di aumento del PIL. Con un aumento del 5%, e un debito di 1.900 mila miliardi, il deficit dovrebbe essere contenuto entro 95.000 Mld.: tuttavia una manovra così severa potrebbe strozzare la ripresa, e ridurre quindi il previsto aumento del PIL.
La finanziaria si caratterizza per questi elementi:
- · per la prima volta in 20 anni il fabbisogno statale diminuisce (di 20.000 Mld) rispetto all’anno precedente, stimato questo in 160.000 Mld
- · si conferma la politica di generare avanzi primari
- · la crescita della spesa è nei limiti del tasso di inflazione programmato
- · si stabilizza il rapporto tra debito pubblico e PIL.
I mercati finanziari hanno giudicato la manovra quantitativamente appena adeguata: i progressisti, che hanno condotto la loro campagna elettorale all’insegna del rigore, dovrebbero concordare su questo giudizio, tenendo tuttavia presente:
- Aleatorietà dei tassi di interesse, e quindi della spesa per questa voce: attualmente lo stesso Dini prevede uno sforamento di almeno 15.000 Mld per il 1995.
- Peggioramento del consuntivo 1994: rispetto ai 154.000 Mld si deve ritenere che il consuntivo 94 sarà di 160.000 Mld, e che quindi il 1995 parte con uno scostamento negativo di 6.000 Mld rispetto alle previsioni.
È credibile?
Assai diverso è invece il giudizio più analitico:
- In primo luogo saranno fatte correzioni, nel senso di un peggiora mento del deficit, per le difficoltà già incontrate per resistenze politiche e sociali.
- Ma soprattutto la manovra si basa su poste a carattere non ricorrente: cioè entrate straordinarie. 13.000 Mld dei condoni e 9.000 Mld di tagli sono in realtà dei rinvii: 22.000 Mld che non realizzano misure strutturali ad effetto perdurante. Cioè questa manovra non affronta nessun problema, ma si limita a tamponare la falla con misure straordinarie, non
È praticabile?
E qui veniamo al nocciolo del problema. Se il nostro debito si stabilizzasse sul 125% del PIL, con un tasso dell’8%, l’onere per interessi sarebbe del 10% del PIL. Oggi la pressione fiscale è già del 42,3% del PIL, dunque difficilmente aumentabile. Quindi si profila per gli anni a venire un conflitto tra chi ha prestato i propri soldi allo Stato e chi con le proprie imposte deve far fronte all’onere per gli interessi; cui si aggiunge il conflitto intergenerazionale a causa del debito pensionistico che, come è noto, non è contabilizzato tra i debiti dello Stato. Questi conflitti sono i problemi che staranno di fronte ogni possibile Governo: e solo con un fortissimo senso di equità si riuscirà ad evitare che esso non degeneri nella spaccatura della società
Perché è una finanziaria inaccettabile
L’equità non è una categoria morale, un obiettivo etico: è la condizione di praticabilità di qualsiasi politica di risanamento.
Invece questa manovra:
- si basa su sostanziali condoni, che sanano a stralcio e senza che siano introdotti provvedimenti che portino ad una più corretta osservanza degli obblighi tributari. Si presenta perfino la prospettiva corporativa di concordati di massa trattati con le associazioni di categoria. Il concetto stesso di concordato implica una trattativa con gli uffici che, oltre ad immaginabili inconvenienti, di fatto annulla l’obbligo di dichiarazione veritiera che era stato introdotto dalla riforma Visentini.
- Mentre le ritenute sul lavoro dipendente costituiscono già il 70% del gettito IRPEF, ora il lavoro dipendente viene colpito anche con i provvedimenti sulle pensioni.
- Continua a non essere affrontato il problema della tassazione dei titoli pubblici anche nei confronti delle persone fisiche .
Non si scioglie cioè l’inaccettabile iniquità che dal ’74 in avanti vede chi è soggetto al regime di sostituto d’imposta fare il proprio dovere, mentre le altre categorie, quelle per le quali si impedì nel 1985 il passaggio a regime del sistema basato su accertamenti induttivi e forfettari proposto da Visentini, continuano a dare gettiti risibili: ora in più godono del condono.
Si sancisce così un inaccettabile e secondo me impraticabile, dualismo sociale: è difficile immaginare una politica più classista di quella che questa finanziaria ci propone. Se a questo si aggiunge che la soluzione di fondo passa anche attraverso la riqualificazione della spesa, e quindi la riforma della PA, che questa non sarà possibile in un clima di divisioni e di conflitti sociali, il giudizio su questa finanziaria non potrebbe essere più negativo.
novembre 20, 1994