E’ un’anomalia o una singolarità? Questa è la domanda che ci si pone di fronte al paradossale esito della gara per le frequenze UMTS.
Anomalia è certamente se si guarda al prezzo. Che è risultato inferiore a quelli inglese, tedesco e francese sia in valore assoluto sia in riferito al numero di abbonati per mercato; inferiore quindi sia rispetto ai prezzi ottenuti col metodo dell’asta, giudicato da alcuni commentatori perversamente esasperato, sia a quello ottenuto in Francia col metodo della trattativa diretta.
Anomalia è se si guarda allo svolgimento della contesa: che un concorrente abbandoni la gara a un prezzo appena del 10% superiore a quello di ingresso è una cosa al limite dell’assurdo. E’ ancor più sconcertante quando ad abbandonare il campo non è stata una compagnia di spericolati entusiasti, ma un consorzio di solide imprese di grande dimensione ed esperienza, che aveva depositato, a garanzia delle proprie serie intenzioni, 4000 miliardi di cauzione.
Gli errori vanno cercati a monte. La vicenda Enel – Infostrada, dipanatasi in parallelo alle operazioni di selezione dei contendenti, ha avuto un’influenza non positiva sulla volontà di possibili investitori, proiettando sul nostro mercato delle telecomunicazioni l’ombra di una presenza pubblica che ritorna a farla da protagonista.
La gara inizialmente prevedeva il metodo del beauty contest, metodo difeso dal governo fino a quando il presidente Amato, nel discorso per la fiducia alle Camere, ha preso tutti in contropiede, annunciando che sarebbe ricorso a un metodo diverso, che il governo si riproponeva incassi superiori ai 25.000 miliardi. Saggia decisione, riconoscemmo: ma che avveniva a prezzo di un’inversione di rotta che ha sorpreso non poco, e che ha creato una situazione legislativa non chiarissima. Proprio tenuto conto di queste incertezze iniziali il Governo avrebbe dovuto spendersi di più e “vendere“ sulle principali piazze finanziarie l’opportunità di concorrere per avere un posto in un mercato sviluppato e ricettivo, giocandosi la partita in una gara aperta e trasparente.
Esiste la possibilità del Governo giudichi poco serio il comportamento di Blu, e quindi che intenda rivalersi sul deposito cauzionale di 4.000 miliardi, che aveva lo scopo di dimostrare la serietà delle intenzioni del concorrente: ma sembra un’avventura in cui gli unici a guadagnarci sarebbero gli avvocati. Chi ha il coraggio di depositare 4000 miliardi ha anche il diritto di aver paura e di ritirarsi.
Ed è solo il Governo che deve valutare gli elementi per decisioni più gravi, anche se si deve rilevare che l’arbitro della gara durante il suo svolgimento non ha ravvisato alcun elemento di irregolarità. Una decisione da ben ponderare, un risultato deludente non è ragione per mettere in discussione il risultato.
Se oggi proviamo sconcerto non sarebbe giusto dimenticare la responsabilità di tutti quelli che hanno contribuito a radicare l’idea che la gara servisse solo a incassare di più. Sia quelli della maggioranza che, per usare le parole del sottosegretario prof. Giarda, vendevano la pelle dell’orso prima di averlo preso; sia quelli che seminavano catastrofiche previsioni sui costi che i consumatori avrebbero dovuto pagare.
Avevamo un bello spiegare e rispiegare che i costi per acquisire le licenze le pagano gli azionisti, mentre i prezzi ai consumatori li stabilisce la concorrenza; a ricordare che l’asta non è sistema per spremere le industrie, ma che, quando si ha ragione di ritenere che gli operatori abbiano sul futuro di un mercato informazioni maggiori delle amministrazioni, é il solo sistema che seleziona gli operatori più efficienti. Poche voci contro il coro in cui cantavano i consulenti aziendali contrari all’asta perché troppo costosa per i loro clienti; gli autonominatisi difensori dei consumatori per demagogia; l’opposizione per dovere d’ufficio. E quando si udivano le voci a difesa, erano perlopiù per la cattive ragioni degli incassi sperati. D’altra parte una cosa analoga è successa per le privatizzazioni, viste come un modo per far cassa anziché per restituire agli imprenditori lo spazio in cui hanno diritto di sviluppare i loro piani.
Il risultato netto è che grazie a Blu i cinque fortunati vincitori fruiscono di una rendita: è magra consolazione che essa sia enormemente minore di quella che si sarebbe avuta con il progetto iniziale del Governo. Così come è magra consolazione per il Governo pensare che le critiche di cui è fatto oggetto sono ben poca cosa rispetto a quelle a cui lo esponeva il sistema del beauty contest.
Chi ha promosso le ragioni dell’asta competitiva, non può non pensare che una più attenta considerazione della solidità delle compagini contendenti, l’esperienza olandese, l’andamento dei titoli telefonici i Borsa avrebbero dovuto indurre il Governo a prendere contromisure atte ad assicurare un’asta combattuta. Più che un’anomalia, sembra una singolarità: ma in ogni caso una delusione.
ottobre 24, 2000