Sarà possibile in un futuro prossimo comperare elettricità da un fornitore scelto sulle pagine gialle, contrattando il prezzo del Kwh? Abituati come siamo a considerare le bollette dell’energia (o del telefono) come sentenze emesse da una divinità nascosta ed inavvicinabile, la cosa ci pare impossibile. Ma anche per noi qualcosa potrebbe cambiare.
Le grandi infrastrutture, le telecomunicazioni, l’elettricità, i treni, necessitano di reti di collegamento che sarebbe costosissimo duplicare per dar luogo ad un regime di concorrenza. In questi casi, si argomenta, la situazione di monopolio è obbligata: solo lo Stato può assicurare che i servizi vengano offerti su tutto il territorio nazionale, e lo Stato non può concedere ad un privato lo sfruttamento di una posizione che è monopolistica per necessità: il concetto di monopolio naturale fu una delle basi concettuali della nazionalizzazione dell’energia elettrica. Trent’anni dopo, l’Enel ha quasi quintuplicato la potenza disponibile, la eroga ad un prezzo (dopo la svalutazione!) sostanzialmente in linea con i livelli europei, (anche se con produttività più bassa). Adesso si sarebbe deciso di privatizzare l’Enel.
Ma come privatizzare? I privatizzatori alla Guarino propongono di vendere al pubblico azioni dell’Enel trasformato in società: questo presuppone che si crei un organismo che fissi le regole del gioco, qualità e prezzo del servizio offerto. Il management dell’azienda non potrà più contare sulle erogazioni dello Stato per finanziare investimenti e per pagare i costi di eventuali scelte sbagliate; ma sostanzialmente continuerà ad operare in condizioni di relativa tranquillità, garantita dalla condizione di monopolio naturale, e dall’anonimato di un azionariato estremamente frammentato (public company): non sono le condizioni per generare la massima efficienza.
La tecnologia offre soluzioni per superare questa situazione apparentemente bloccata. Oggi la tecnologia da un lato spinge alla costruzione di centrali sempre più grandi (5001000 MW), dall’altro consente di fare impianti con turbine a gas di 100-200 MW. Queste presentano numerosi vantaggi: sono non inquinanti perché il gas bruciato non dà emissioni nocive, si realizzano in tempi circa dimezzati rispetto ai grandi impianti, possono essere localizzate vicino ai luoghi di maggior richiesta, dove possono anche fornire calore per il riscaldamento, aumentando così ulteriormente la propria efficienza; e costano meno: il costo di 1MW installato è di 2300 $ per un impianto nucleare, di 1200 $ per una centrale a carbone, di 800 $ per un impianto a turbogas. Negli Stati Uniti le autorità hanno incominciato ad obbligare le grandi utilities a comperare energia dai produttori “privati” se questi sono in grado di offrirla ad un prezzo inferiore al costo marginale delle utilities. Ed è stata una valanga di offerte, sicché ora le concessioni vengono aggiudicate al ribasso. Una legge recente obbliga poi le utilities (le Enel locali) a mettere a disposizione la loro rete di trasmissione per trasportare l’energia prodotta dai privati. Anche se molti problemi rimangono aperti (quanto far pagare il trasporto? come evitare che, si installi troppa capacità obbligando a chiudere i vecchi impianti? Come evitare disparità eccessive nei prezzi?) si va quindi verso un mercato dell’energia, donde la possibilità di contrattare con un produttore le condizioni di fornitura. Di qui una seconda lezione: l’errore della nazionalizzazione fu quello di lasciare che le ideologie (il bastone fra le ruote della borghesia) si sovrapponessero agli obiettivi di politica industriale (dare energia a tutto il territorio nazionale): ma le ideologie sono rigide e sono spiazzate dalle tecnologie; l’innovazione rimescola sempre le carte; l’ideologia è statica, mercati e innovazione sono dinamici. I mercati trasmettono informazioni: sui costi, sui consumi, sulle scelte; le ideologie trasmettono solo l’informazione contenuta nella loro enunciazione.
L’Italia, bene o male che sia stato, ha perso l’appuntamento con il nucleare: l’Enel prese ad acquistare energia in quantità pari al 16% del fabbisogno, dagli impianti nucleari francesi a costi interessanti: gli ordini di grandezza sono 60 LiKwh il nucleare, contro 110 degli impianti tradizionali efficienti. Con i “piccoli” impianti a turbogas il costo è di 70, ma a patto che gli impianti siano gestiti da privati, senza gli oneri gestionali della grande azienda di Stato.
La nazionalizzazione creò il monopolio: ed il monopolio si muove secondo le sue regole: l’Enel da monopolista si oppone all’entrata di produttori concorrenti, e nonostante due leggi (la 9 e la 10 del 1991) lo consentano, in pratica impianti privati ancora non si sono fatti. Ma ora il cerchio si stringe: la Comunità europea attacca i monopoli elettrici nazionali, l’autorità antitrust italiana segue, soprattutto non quadrano i corni: l’Enel deve investire 70.000 Mld per l’ammoderna-mento della rete. I piccoli impianti privati potrebbero contribuire per 20.000: infatti investimenti di questo tipo sono gli ideali candidati per finanziamenti con la tecnica del project financing: un gruppo di banche, o di costruttori di impianti, mettono 1’80% del capitale, il privato che intende costruire e gestire l’impianto il 20%, dando l’impianto stesso, e il contratto di fornitura, a garanzia del debito.
In tal modo quello della produzione di energia potrebbe diventare un intero nuovo settore disponibile per l’iniziativa privata, in cui far valere efficienza gestionale, flessibilità operativa, capacità di marketing, velocità nel realizzare gli impianti. Quest’ultimo aspetto, in un paese che ha gravi problemi di caduta della domanda di beni di investimento, dovrebbe destare particolare attenzione: una centrale vuol dire turbine, macchine elettriche, depuratoti, apparecchiature di regolazione, opere civili: e l’investimento privato assistito dal project financing sarebbe in grado di attivarle con grande tempestività. L’Enel, e con essa le grandi utilities continentali, non sono molto d’accordo: propongono “una gestione economica con competizione nell’area della produzione”: prospettano a fosche tinte i rischi qualora non venga mantenuta “la capacità di assicurare affidabilità, qualità”; difendono con le unghie “soprattutto [la) responsabilità unica per la fornitura del servizio elettrico in un territorio dato”. Già: soprattutto unica.
La partita è ancora aperta, gli interessi in gioco enormi: discorsi analoghi si possono fare per le telecomunicazioni. E poi: il monopolio elettrico si appoggia al monopolio del gas, sul conto del quale lo cronache incominciano a riportare particolari a ‘dir poco interessanti: a che prezzo il gas verrà fornito ai privati? Niente da dire: il sistema, a modo suo, non tra congegnato male.
luglio 1, 1993