Senza alcuna efficacia il divieto di vendite allo scoperto di Cds
Esortazioni a vietare le vendite allo scoperto, a mettere fuori legge i Cds, le assicurazioni contro il rischio d’insolvenza, si sono sentite più volte da quando è scoppiata la grande crisi finanziaria. Ad esse si è replicato dimostrando con analisi teoriche e prove empiriche che, poiché si tratta di pratiche utili al mercato e ai risparmiatori, vietarle porta più danni che vantaggi.
Analisi e prove che non è quindi il caso di ricordare a proposito dei provvedimenti contro la vendita allo scoperto emanati nella notte di martedì dal governo Merkel, in una giornata che ha visto l’Ecofin votare una direttiva che obbliga tutti i fondi alternativi (hedge e di private equity) a registrarsi in uno stato dell’Unione per poter continuare ad operare, e Angela Merkel messa sotto pressione dal suo stesso partito per introdurre una tassa sulle transazioni bancarie. Provvedimenti tutti di scarsa efficacia pratica, capaci di produrre effetti contrari alle intenzioni, ispirati da preoccupazioni di sola politica interna.
Scarsa efficacia: le disposizioni del regolatore BaFin si applicano solo ai titoli trattati alla Borsa di Francoforte. Non è chiaro che cosa succeda a quelli trattati su altre Borse. I Cds per l’80% sono negoziati sulla piazza di Londra, ed è inconcepibile che in Gran Bretagna il nuovo governo liberal-conservatore si adegui alla proposta tedesca (anche se incontra il consenso del regolatore finanziario Lord Turner). Se gli hedge fund saranno indotti a traslocare da Londra, dopo quella agli gnomi di Zurigo, faremo guerra alle sirene di Ginevra?
Conseguenze inintenzionali: è sconcertante la sicumera con cui ci si è passati sopra senza curarsene. Senza chiedersi se sia di utilità o di danno alle 10 grandi società vedersi dichiarate bisognose di protezione da possibili attacchi. Se alletti o distolga i grandi investitori a cui dovremo chiedere di sottoscrivere le future emissioni di debito pubblico: se l’esempio viene seguito, finanziare i nostri debiti ci costerà un poco di più; se non viene seguito, che Unione è?
Se nel caso di un non improbabile indebolimento dell’euro, un intervento così massiccio non offra agli americani il destro per accusarci di beggar thy neighbor. Indicendo ritorsioni che potrebbero far risorgere lo spettro di quello a cui condussero meno di un secolo fa. Questi provvedimenti, e le giustificazioni che ne sono state date, aumentano o diminuiscono la credibilità dell’euro? Agire da soli, quando nell’Europa dell’euro (per non parlare di quella a 27) ci sono situazioni tanto variegate, aumenta o diminuisce la coesione a cui si turibola?
È lo Spiegel, non un giornale anglosassone in odore di euroscetticismo, a scrivere sul suo sito online che il bando alle vendite “nude” serve a venir incontro alla rabbia dell’opinione pubblica, ma che in realtà si tratta di un altro inganno, al solo scopo di dare l’impressione che il sistema politico ha la situazione sotto controllo. Chi semina vento… : quanti articoli si sono letti, anche da noi, anche su giornali che formano l’opinione pubblica, in cui la colpa di tutto viene attribuita all’ingordigia di Wall Street, alla speculazione fatta con i soldi altrui, alla complicità delle agenzie di rating, agli interessi che aspettano solo di lucrare dal fallimento dell’euro e dalla disgregazione dell’Europa? Possibile che si continui a non capire che il mercato non persegue scopi, né politici né economici, che la sola cosa che fa è attribuire prezzi alle cose, e che mettere le zeppe al suo funzionamento, dannoso sempre, diventa massimamente controproduttivo proprio nei momenti di turbolenza?
I mercati – o la speculazione, se si gradisce – non fanno che rilevare le contraddizioni dell’Europa. Dopo tutto quello che si è detto per giustificare l’assoluta necessità di evitare la ristrutturazione del debito greco, il ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble annuncia che in settimana avanzerà proposte di procedure per “insolvenze ordinate” di paesi dell’euro. Angela Merkel in parlamento ripete la necessità di rinforzare il Patto di stabilità e crescita (avrà ricordato quanto Germania e Francia hanno contribuito a indebolirlo?). Una giaculatoria anche quella, come ci si sta rendendo conto: «I mercati hanno ragione a diffidare del rigore di bilancio», scriveva ieri l’altro Martin Wolf nel suo editoriale sul Sole 24 Ore, senza crescita, nei paesi della periferia europea non ci sarà stabilità dei bilanci. «Da solo il cilicio s’indossa male», la sola strada è un miglioramento strutturale che faccia recuperare produttività e quindi aumentare le esportazioni.
Che cosa abbia a che fare tutto questo con il bando alla vendita allo scoperto, vorremmo scoprirlo anche noi.
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Vanishing Leprechaun
14 annoe fa
Egregio Ingegnere,
c’è una cosa che condivido particolarmente del suo intervento: la critica al voler prendere misure unilaterali, senza consultarsi con i partner politici europei (Non so bene come altrimenti definire i rapporti tra Stati dell’Eurozona: partner commerciali?).
Prendo anche atto con piena soddisfazione della sua esplicita dichiarazione che “mercati” è sinonimo di “speculazione”. Non che si tratti di una novità – personalmente la condivido da un pezzo – ma fa piacere rilevare come questa nozione sia diventato un convincimento così diffuso da includere anche liberali inossidabili.
Proseguendo sulla strada così suggerita, vorrei però rammentarle (e assieme a lei ai firmatari della lettera al Corriere) che la notizia – con dovizia di particolari – della famosa “cena” a New York degli Hedge Fund in preparazione di un attacco all’euro l’ha data al mondo il Wall Street Journal. Quindi anche quest’orrido pettegolezzo va ascritto alla responsabilità dei mercati, ovvero, come lei giustamente dice, degli speculatori. Quell’articolo, difatti, non me l’ha mai contata giusta. Puzzava di manovra lontano un miglio: la previsione che s’invera.
E’ forse giusto affermare che i mercati non giocano a risiko, ma giocano in compenso certamente alle bolle, ma non di sapone. Cito qui Krugman, anche se non è un Ingegnere, ma un semplice economista: “Questo, a mio parere, è quello che ha fatto per molto tempo il settore finanziario: prendere soldi in prestito emettendo asset teoricamente sicuri, poi investire i proventi in asset che in realtà non rendevano molto ma in apparenza sì. Se vi ricorda le piramidi finanziarie è perché ci assomiglia molto. Come ha evidenziato Robert J. Shiller nel suo libro “Euforia irrazionale”, una bolla, in realtà, è una piramide finanziaria che si crea spontaneamente, senza bisogno di un deliberato atto di frode ma con lo stesso effetto. E senza riforme serie, tornerà a succedere.”
Ha ragione lei assieme ai suoi cofirmatari: è sciocco prendersela moralisticamente con i marioli. Madoff è stato in fondo un fesso, a (tentare di) scappare con la cassa. Se avesse fatto le bolle come facevano e fanno tutti, avrebbe alla fine guadagnato di più, perché nessuno lo avrebbe messo in galera, e lui sarebbe ancora oggi uno stimato finanziere. Non è lui che fa storia, sono i comportamenti normali che la fanno, che definiscono il sistema. Ed è vero, è proprio su questo che dobbiamo appuntare la nostra attenzione, fermo restando che i Madoff stanno bene là dove li hanno messi.
Tornando al ragionamento di Krugman e di Shiller, sono personalmente tentato di introdurre un altro elemento di valutazione. Riguarda l’avverbio “spontaneamente”. Quando un comportamento umano collettivo è “spontaneo”? Quando non è indotto da nessuna costrizione. E non c’è dubbio che la costruzione di piramidi finanziarie non sia indotta da nessuna costrizione. Non si vedono in giro pistole alla tempia, fruste, e cose simili. Tuttavia un comportamento può essere “spontaneo” e ciò non ostante “coordinato” e anche “consapevole”. E’ l’euforica spontaneità coordinata e consapevole del pacchetto di mischia che porta la palla a meta. E dato che le bolle sono, come tutta la speculazione, attività a somma zero (anche se non per questo a conseguenze zero), non v’è “mercato” (non saprei come esprimermi altrimenti) che non sia consapevole che il frutto della propria euforia, se c’è, lo è a scapito di qualcun altro. Esattamente come nel caso del pacchetto di mischia, che sa bene che se segna, la propria squadra vince esattamente perché l’avversaria perde.
Qui si ferma però l’analogia, perché nel rugby le due squadre sono – almeno putativamente, su di un piano di parità. Nel caso della speculazione c’è una asimmetria informativa costitutiva, che temo sfugga: gran parte dei mercati (se non tutti) operano utilizzando fondi messi loro a disposizione da “risparmiatori” che non sono affatto parte dei mercati stessi, poiché non sono loro che decidono, che agiscono, avendo semplicemente concesso loro di gestire i propri risparmi sulla base di una vaga delega iniziale, condita in genere con penalità d’uscita più o meno mascherate, in modo che non possano tirarsi fuori dal gioco troppo facilmente. Naturalmente, tutto questo è fatto per favorire la stabilità degli investimenti, e per non scaricare sui “mercati” eccessive alee e costi non remunerati, oltre a tutti quei rischi e costi dei quali debbono farsi carico a vantaggio di tutti, lo sappiamo bene, non c’è bisogno che ce lo si spieghi un’altra volta.
Esattamente come accade nelle catene di sant’antonio (altro nome per i meccanismi piramidali, o gli schemi Ponzi, se si vuole) c’è sempre una vittima designata, una squadra di ignari zoppi e monchi nella cui porta andare a meta. E questa squadra di perdenti in partenza, di pecore da tosare, sono i suddetti risparmiatori. Si dovrebbe fare un piccola statistica, e divulgarne i risultati, per verificare come sia andata ai risparmiatori globalmente, ad esempio, negli ultimi dieci anni. Personalmente non conosco un becco di nessuno che non vi abbia perso almeno la metà della camicia – escluso il sottoscritto, che se n’è sempre tenuto fuori, inascoltata cassandra – e reputo estremamente improbabile che i miei conoscenti – nessuno escluso – siano tutti degli sfigati in modo così particolare ed esclusivo.
Si getterebbe così qualche luce sul significato di queste espressioni spesso pronunciate con tanta levità, come “mercati” e “liberi mercati”. Temo si scoprirebbe che queste espressioni metaforiche (perché di metafore si tratta) finirebbero per apparire come alludere assai più propriamente a quel segmento iniziale del mercato delle carni che prende il nome di “mattatoio”.
Per quanto mi sia sforzato, non sono riuscito a trovare simili statistiche. Sembrano tutti ignorarne l’esistenza. Qualcuno dei cofirmatari può forse illuminarmi in proposito, fornirmi dei dati? In mancanza di queste informazioni, confesso di avere la sensazione di vivere in una bolla, ma di sapone questa volta.
C’è ancora un altro quesito che mi attanaglia. La situazione economica (disavanzo import-export, deficit di bilancio e debito pubblico) degli Stati Uniti è pessima da decenni, e in costante peggioramento. Il tasso di crescita è artificioso, pompato con il credito al consumo (una delle bolle creditizie tra le quali quella dei subprime è solo il più clamoroso esempio); la disoccupazione non è inferiore a quella europea, sembra tale solo perché calcolata in modo diverso (Solow, Thurow). Si potrebbe perfin sospettare – a fare come i giornali – che questo modo diverso di calcolarla sia un mezzo imbroglio per apparir di noi più belli. Il dollaro – è vero – negli anni passati è andato giù, rispetto all’Euro. Tuttavia non si segnalano movimenti sui CDS né cene newyorkesi di hedge fund in proposito.
Trovo la cosa piuttosto inspiegabile. Che ci stia sfuggendo qualcosa?