E’ Fischer il vero vincitore

settembre 23, 2002


Pubblicato In: Giornali, La Stampa

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Le chances della coalizione rosso verde sono appese al vero vincitore delle elezioni tedesche, Joschka Fischer: al governo, egli ha dato al suo partito per la prima volta linearità e coerenza, ha saputo mantenere ferma la barra della politica estera tedesca, più federalista verso l’Europa e più leale verso l’America del suo cancelliere.


Gerhard Schroeder ha contenuto le perdite grazie all’intuizione del consumato politico: ha capito che i tedeschi, di fronte alla catastrofe dell’alluvione, avrebbero accettato di fare slittare di un anno gli sgravi fiscali.

Ma il suo rush finale antiamericano porta la Spd a essere il secondo partito. Edmund Stoiber ha saputo cogliere un successo notevole, la sua Cdu/Csu è alla pari degli avversari.

In ogni caso a prevalere sono il pragmatismo sull’ideologia; la professionalità sull’improvvisazione: e soprattutto la moderazione sull’estremismo, che ha danneggiato anche i liberali.

Questi gli argomenti di riflessione che le elezioni tedesche consegnano all’opposizione italiana. Ma il fatto di tutti – e per tutti – più rilevante è che la maggioranza è appesa a pochissimi voti.

Questo dimostra che in Europa continentale la combinazione da un lato di sistemi istituzionali sopra ogni cosa preoccupati di garantire il bilanciamento tra le forze politiche in modo da attenuare e smorzare il prevalere di una, e dall’altro una concezione del welfare che la politica di concertazione rende impossibile riformare drasticamente, questa combinazione produce debolezza politica e debolezza economica.

Non è un caso che essa caratterizzi i sistemi politici e sociali di Italia e Germania: due paesi che non crescono, che non sanno offrire occasioni di lavoro a tutti i propri cittadini, che non riescono a risolvere i problemi delle loro aree depresse. Germania e Italia, i due grandi malati d’Europa.

Ma quello tedesco è metà del prodotto nazionale dell’Europa; il rischio, di cui parlava il «Financial Times» la settimana scorsa, che la Germania non riesca a evitare di cadere in deflazione, che si materializzi lo spettro di una crisi del tipo di quella che attanaglia da dieci anni il Giappone, è un incubo per tutta l’Europa.

La sola strada per scacciarlo sarebbe un’iniezione in dose massiccia di flessibilità e di liberalismo – e se i due maggiori partiti avessero il coraggio di una «coalizione a tempo» con questo preciso obiettivo, l’Europa avrebbe di che sperare – per uscire dalla sclerosi e riprendere la via della crescita.

Né in Italia la prova che sta dando il governo, né in Germania l’incerto esito di queste elezioni, offrono ragioni di conforto.

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