Intervista di Gianluca Zapponini a Franco Debendetti
Il problema non è fare o non fare la banda ultralarga, ma a chi affidare il controllo della futura società. Difficilmente la telco guidata da Gubitosi e il campione pubblico rinunceranno alla guida. E del partner scelto da Tim, Kkr, non si può fare a meno. E allora, perché non fare due reti, magari in concorrenza tra loro?
Tim spinge forte sulla rete unica. Ma la partita con Open Fiber è apertissima. Ieri il ceo della compagnia telefonica, Luigi Gubitosi, ha presentato alla comunità finanziaria le linee strategiche aggiornate al 2022, imperniate sulla nascita di una società per la rete unica, con cui portare la banda ultralarga in tutto il Paese.
IL PROGETTO DI TIM
Ad oggi, nelle intenzioni di Tim e di Gubitosi c’è FiberCop: questo il nome della newco che ha fatto capolino nel Piano strategico 2020-2022. Il progetto ipotizza anche l’integrazione con Open Fiber, oltre che la discesa in campo del fondo americano Kkr in qualità di partner finanziario, scelto dalla stessa Tim. Da un lato l’investimento di minoranza (una quota pari al 40%) di Kkr nella rete secondaria (che include sia il rame sia la fibra) per un esborso di 1,8 miliardi. Dall’altro l’integrazione con Open Fiber, più avanti.
IL REBUS DEL CONTROLLO
Ora, il controllo dell’infrastruttura, almeno nelle intenzioni di Tim, deve rimaere in capo alla stessa. E sarà proprio questo il nodo da sciogliere in particolare nella partita con Open Fiber, il campione pubblico cui l’esecutivo vorrebbe affidare, al contrario, il controllo della futura società. L’azienda partecipata da Enel e Cdp non ha ancora preso una decisione definitiva e non a caso ieri, lo stesso Gubitosi ha invitato Enel a prendere una decisione.
IL PARERE DI DEBENEDETTI
Franco Debenedetti, economista, saggista e grande esperto di telecomunicazioni, ha dato una sua lettura della partita per la rete unica. “A far tornare alla ribalta la questione della rete unica è stata l’offerta di Kkr di acquistare una grossa partecipazione nella rete secondaria di Tim”, spiega Debenedetti, “investendo per accelerarne la trasformazione in fibra: il che presupppone che Tim scorpori e costituisca in società la sua rete secondaria. Il ministro Gualtieri ha ricordato che ha il golden power sulle infrastrutture strategiche, e Open Fiber ha ribadito che la rete deve esser unica, e questo richiede che essa o acquisti o si fonda con la costituenda società della rete Tim”.
A CHI LA GUIDA?
Il nocciolo è comunque l’affidamento del controllo della società. Debenedetti, prova a fare chiarezza. “Gubitosi ha ribadito quello che Tim ha sempe sostenuto, e cioè di avere il controllo. Richiesta non negoziabile, perché è essenziale all’esistenza stessa di Tim come grande società di telecomunicazione. D’altronde, c’è di mezzo anche la questione di valutazione dei beni che verrebbero apportati nella ipotetica società unica, dove è evidente la sperequazione tra il valore della rete Tim e quello che Open Fiber dovrebbe avere dopo la realizzazione dei piani, in cui, secondo alcuni, sarebbe in forte ritardo”.
MEGLIO DUE RETI INVECE DI UNA
La conclusione è evidente: sarà davvero difficile giungere a meta, se nessuno dei due attori in campo vuole cedere il comando. E allora, serve un’alternativa. Eccola. “Open Fiber è posseduta al 50% ciascuno da Cassa Depositi e Prestiti e da Enel, e quest’ultima ha dichiarato di non essere disponibile a diminuire la propria partecipazione. Stando così le cose, non vedo come si possa andare verso la rete unica. D’altra parte sarebbe anche ingiustificabile respingere l’offerta di Kkr a investire per fare quello che tutti dicono di volere e cioè l’estensione della rete in fibra. Personalmente non credo sarebbe un dramma se ci fossero due reti in concorrenza tra loro. Per certi aspetti sarebbe perfino meglio”.
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