Se per “tecnico” si intende una personalità indipendente dai partiti, dotata di competenze specialistiche e di prestigio, Monti è stato un tecnico, e anche Draghi lo è. Ma da questo dedurre che “Draghi è uguale a Monti” è, kantianamente, un paralogismo, cioè un assurdo logico.
Parlare della diversità delle persone sarebbe poco utile e del tutto inappropriato: rilevano i contesti in cui sono stati chiamati ad operare, contesti italiano ma soprattutto, e determinanti per entrambi, i contesti europei. Quando Giorgio Napolitano nominò Mario Monti senatore a vita, lo spread aveva raggiunto 528: quando Sergio Mattarella affida l’incarico a Draghi lo spread era appena sopra 100 . Allora in Germania c’era Wolfgang Schaeuble e la virtù di bilancio era la Schwarze Null, il disavanzo a zero: oggi si parla di modificare la Costituzione per eliminarlo. Col Covid, il patto di stabilità è stato sospeso, e quindi anche il famigerato 3%. Noi continuavamo a proporre l’emissione di eurobond, gli cambiavamo nome, ma l’Europa li respingeva uno dopo l’altro; adesso il bilancio dell’Unione finanzia i 1800 miliardi della Recovery and Resilience Facility. E’ vero, ci sono voluti i colpi della pandemia per scoprire che la solidarietà è necessaria per tutti: ma un tabù che cade non risorge più.
Nel 2011 il problema era abbassare lo spread, la soluzione un’austerità che riconquistasse la fiducia dei mercati finanziari. Nel 2021 il problema è portare a casa i soldi del Recovery Fund, ed è richiesta tanta competenza per fare giusti i compiti a casa. Il primo tentativo di scrivere il piano è risultato inaccettabile anche dagli alleati di governo; al secondo sono arrivati gli ammonimenti da Bruxelles a non dare per scontato che il piano sarà accettato e soprattutto a non dare per sicuro che i fondi saranno erogati. Il compito non è facile: gli obbiettivi generali posti all’Europa sono condivisibili, ma i singoli stati devono descrivere i progetti con cui pensano di raggiungerli, indicare i tempi, e soprattutto misurare il contributo che ciascun progetto avrà portato ai macro obbiettivi.
La redazione, l’esecuzione, la rendicontazione del piano sono un compito arduo e specifico: altri paesi l’hanno affidato ad un ministero creato ex novo E noi? Noi che abbiamo avuto assegnate le somme più elevate, noi che abbiamo il debito pubblico di gran lunga maggiore, noi che da molti anni registriamo il record negativo di crescita (noi che tra l’altro abbiamo anche la presidenza pro-tempore del G20), noi abbiamo nell’esperienza di Mario Draghi una risorsa che anche Paesi senza i nostri problemi sognerebbero di avere: non impiegarla è inconcepibile. La domanda a cui rispondere non è perché Draghi sì, ma perché no.
Recovery and Resilience si chiama il fondo. Dove Resilience significa consolidamento per il futuro anche nei momenti bassi del ciclo economico: e questo esige riforme, della scuola, della magistratura e, più in generale, della pubblica amministrazione. Cruciale sarà l’apporto delle singole articolazioni della macchina dello Stato, e quindi dei ministri che saranno ad esse preposti nel futuro governo. E’ su questo che dovrebbe concentrarsi la discussione tra le forze che sosterranno il futuro governo.
Draghi è stato Direttore Generale del Tesoro in un momento cruciale di transizione dell’Italia , come cultura, norme legislative, struttura economica, da quelle ereditate dal ventennio verso quelle che si addicono a una grande economia di mercato; poi Governatore della Banca d’Italia; infine Presidente della Banca Centrale d’Europa. Ovunque lasciando un’impronta duratura, oltre il termine dei suoi mandati. Vorrei ricordare il discorso che tenne, terminato il suo mandato alla BCE, al Meeting di Rimini, il 18 Agosto 2020. E’ diventata famosa la distinzione che fece tra debito buono, quello “utilizzato a fini produttivi ad esempio investimenti nel capitale umano, nelle infrastrutture cruciali per la produzione, nella ricerca ecc,”; e debito cattivo “che verrà utilizzato per fini improduttivi: una crescita che rispetti l’ambiente e che non umili la persona è divenuto un imperativo assoluto”, una “ragione morale”. “Privare i giovani del futuro è una della forme più gravi di diseguaglianza”.
In quel discorso citava le parole della “preghiera per la serenità di Reinhold Niebuhr”: “dammi la serenità per accettare le cose che non posso cambiare; il coraggio delle cose che posso cambiare: e la saggezza per capire la differenza”. E’ una preghiera che dovrebbe oggi unirci tutti: noi cittadini, e tutti coloro che abbiamo eletto.
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