Diamo una clausula quattro a Prodi

novembre 3, 2004


Pubblicato In: Giornali, Il Riformista

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Proposte. Invece di discettare di centro e sinistra

Nella querelle che oppone Eugenio Scalfari a Giovanni Sartori e Renato Mannheimer, e a cui il Riformista giovedì ha dedicato un editoriale (“Cercando un centro di gravità permanente”), il politologo Sartori illustra la tesi di Anthony Downs secondo cui, in un sistema bipolare, per vincere è fondamentale conquistare gli indecisi di centro; il politico Scalfari usa la tesi di Stanley Greenberg, secondo cui lo è invece ridurre l’astensionismo di sinistra.

Ma a rincorrere politologia e demoscopia, si corre un rischio: quello di fare scadere la politica a ricerca della forma del mantello, o dei colori del vestito di Arlecchino, sotto il quale riuscire a fare stare, per la breve durata di una campagna elettorale, il 50% + 1 degli elettori.

Io credo invece che noi dobbiamo porci obbiettivi molto più ambiziosi, esprimere un progetto che parta dalla realtà del Paese per consentirgli di esprimersi e di crescere. E che per fare questo bisogna darsi un’identità politica che non punti solo a piccoli spostamenti di voto.
Stiamo assistendo allo sfacelo politico della coalizione di centrodestra. Il 7 – 0 delle suppletive, significativo in sé, lo diventa ancor più quando le perdite di consenso si manifestano anche in collegi considerati sicuri. Adesso il caso Buttiglione: dove si è accumulato di tutto, le tare costitutive (conflitto di interessi), le arroganze passate (l’incidente del Kapò), gli errori più recenti (la designazione stessa); e che costerà ancora carissimo a Berlusconi, oltre la straordinaria opportunità che Prodi si è trovato in mano. Anche l’intervista di Gianfranco Fini sul Corriere della Sera di giovedì ieri segnala di quanto grave sia la crisi di programma e di coalizione.

Ci si presenta la possibilità storica di offrire una proposta di grande respiro, di ridare fiducia ed energia a tutto il Paese, di essere seguiti non solo alla nostra parte politica più “qualcosa”, ma da una larga maggioranza, di convincere i tanti che non hanno più fiducia in questo Governo. E noi invece stiamo a discutere su quanta sinistra e quanto centro ci debba essere nella nostra identità. Destra e sinistra, si badi bene, non come abbreviazione per indicare scelte precise, ma come evocazione astratta di ideologie, allusioni a pregiudizi, preoccupazioni per identità da mantenere e ruoli da preservare. Cose tutte legittime, ma che, davanti alle possibilità che ci si aprono davanti, appaiono peggio di uno scialo.

Peggio: perché non è solo spreco di tempo, è tempo impiegato male. Il fatto stesso che si discuta di quanto centro e quanto sinistra ci deve essere nella coalizione, vuol dire che, della formazione che deve battere Berlusconi (e guidare il Paese per 5 anni), non sappiamo non dico la strategia, non dico il programma, ma neppure il profilo politico. L’unica cosa che sappiamo è che sarà guidata da Romano Prodi, e che il suo ruolo si rafforza col passare delle settimane. Si fa torto a Prodi stesso facendo dipendere la nostra identità esclusivamente da lui. Ma da dove la possiamo desumere? Non da un programma, che sarà pure un breviario, ma intanto non c’è. Non dai nomi dei candidati a ricoprire i ministeri chiave, che pure non ci sono.
Nel frattempo non è che non càpiti nulla: un giorno una mozione sull’Irak, un altro la partecipazione alla manifestazione contro la Finanziaria, poi il suo rinvio. C’è l’intervento della Provvidenza, sotto forma dell’insperato harakiri di Buttiglione; ma ci sono anche i fatti minori, una frase in un’intervista, un lancio di agenzia. Così l’immagine si definisce per approssimazioni successive, per accrescimento spontaneo. Nel profilo che ne risulta, ad essere più visibili sono le asimmetrie, le imperfezioni, magari le ferite.

Bisogna definire il profilo politico della coalizione. Questo lo si fa sia consolidando le fondamenta su cui sorgerà l’edificio, sia innalzando pennoni e sventolando bandiere che da subito identifichino l’opera. Ci vogliono tutte e due le cose, le regole e la fantasia, le procedure e le invenzioni.
Quanto alle procedure, è abbastanza semplice: mettiamo ordine nel cantiere, e definiamo il modo con il quale nella coalizione si prendono le decisioni. Prodi aveva forzato il Triciclo verso la Federazione, i partiti, magari recalcitrando, si son detti disposti a darle vita. Questo è il perno della coalizione, quanto più sarà visibile, saldo e stabile, tanto più sarà possibile allargarsi ad intese con le altre forze della alleanza, senza perdere identità.
Quanto alle “invenzioni”, penso a quello che fu l’abbandono della “clause four” per Blair e il Labour (il cui statuto, all’articolo 4, prevedeva la proprietà pubblica dei mezzi di produzione); trovare per Prodi e il centrosinistra qualcosa di pari potenza comunicativa sembra difficile (e, da un certo punto di vista, per fortuna). Continuo a ritenere che noi dobbiamo avere il coraggio di indicare la crescita come priorità assoluta e adottare la cultura della meritocrazia. Bisogna tradurre questo obbiettivo strategico in “gesti” di valore emblematico.

Azzardo delle proposte.

  • Legare riforma degli ammortizzatori sociali alla riforma dei contratti, con un livello normativo forte a livello centrale come chiede la CGIL, ma per quanto riguarda la contrattazione salariale, dando a quella decentrata un peso doppio di quello che oggi chiede la CGIL.
  • Consentire che il TFR possa essere devoluto anche a fondi pensione istituiti da centrali sindacali altre da quelle di categoria e comparto definito per contratto, a condizione che siano fondi aperti, in modo che il lavoratore possa iscriversi al sindacato che sceglie i gestori che offrono il miglior rendimento.
  • Istituire un canale preferenziale di concessione della cittadinanza agli immigrati che accettino di prestare 5 anni di servizio militare professionale.
  • Dare incentivi nei trasferimenti ai comuni, se aggregano le loro municipalizzate in bacini ottimali su basi regionali o pluriregionali, e si impegnano in piani di quotazione in Borsa.

Il filo rosso che lega queste proposte è evidente. Si può esercitare la fantasia per inanellarne altre dello stesso tipo. E credo che questo, insieme alla messa a punto delle procedure, “renda” di più del discutere in astratto se puntare sugli incerti di centro o sui disaffezionati di sinistra.

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