Debenedetti: spread a 200? Un “esercizio” per aiutare Mario Draghi

settembre 5, 2012


Pubblicato In: Varie


Intervista di Matteo Rigamonti

Se non ci fosse questo maledetto effetto contagio nei mercati finanziari dell’euro area tutti staremmo meglio. Lo spread Btp-Bund infatti, anziché viaggiare a quota 400 e rotti, se ne starebbe tranquillo intorno ai 200 punti base. Con tutti i benefici che ne deriverebbero in termini di tassi di interesse, molto più bassi su prestiti e mutui, a beneficio del portafoglio degli italiani. E non solo: anche lo stato si troverebbe con un minor costo di finanziamento del debito. Ieri la Banca d’Italia ha avvalorato questa ipotesi pubblicando uno studio (Stime recenti dei premi per il rischio sovrano di alcuni Paesi dell’area euro). IlSussidiario.net ha chiesto a Franco Debenedetti di commentare lo studio alla vigilia di uno dei più importanti appuntamenti di settembre: la riunione del direttivo della Bce che si terrà domani.

Lo studio di Bankitalia dice che il motivo principale dell’elevato valore dello spread tra Btp italiani e Bund tedeschi è da attribuirsi all’effetto contagio della crisi dell’eurozona. Non ai fondamentali dell’economia. Lei cosa ne pensa?
Il tasso di interesse sui titoli del debito pubblico, vale la pena ricordarlo, misura il prezzo del rischio. Per quale motivo il Bund tedesco ha un tasso di interesse negativo? Perché si attribuisce una probabilità non nulla al fatto che l’euro si rompa: in tal caso si pensa che la moneta tedesca si apprezzerebbe rispetto al dollaro. L’opposto vale per gli interessi sul debito pubblico italiano e spagnolo: in caso di rottura dell’euro ci sarebbe un deprezzamento. Lo spread misura la differenza delle conseguenze, moltiplicate per la probabilità che il fatto si verifichi.

Quindi ha ragione la Banca d’Italia? Lo spread dipende dall’effetto contagio?
Nel calcolo del differenziale tra i tassi sul debito di Italia e Germania soltanto una parte di esso è determinata dal rischio che si rompa l’euro. L’altra componente è invece attribuibile alle probabilità che l’Italia possa non riuscire a ripagare gli interessi e a rifinanziare il debito alla scadenza. Valutare quanto giochi il rischio euro e quanto il rischio Italia è complesso e, con tutto il rispetto per le competenze scientifiche della Banca d’Italia, contiene un margine di discrezionalità. Le incognite sono sempre due, la probabilità che un evento si verifichi e le conseguenze che avrebbe.

Visto il momento in cui è pubblicato lo studio, alla vigilia della riunione della Bce, si può parlare di un documento a carattere politico?
Trattandosi di uno studio della Banca d’Italia non mi permetterei di affermarlo. Ma se ci isola dalla politica, come si fanno a giudicare le cose? E’ come nella meccanica quantistica: l’osservazione influisce sempre sull’evento.

Il peso di uno spread elevato grava sempre sulle spalle del sistema paese: famiglie e imprese si trovano a ricevere mutui e prestiti con tassi troppo elevati. I prestiti alle imprese hanno tassi del 6,24%. Lei cosa ne pensa?
Elevati? Certo. Troppo? Non so. Dal tasso di interesse dipende l’entità del costo del servizio del debito: per lo stato sono oneri che deve pagare e quindi imposte che deve riscuotere. E ne dipende il costo del danaro per le imprese e per le famiglie. Ma si ripercuote anche sulle aziende italiane. È chiaro che un’azienda, oltre al rischio proprio dell’attività imprenditoriale, sconta anche quello dovuto al contesto in cui opera.

Cosa intende?
I giornali quotidianamente riferiscono esempi di cattiva amministrazione, di sprechi, di servizi che non funzionano, di giustizia lenta e incerta ecc ecc. Questi sono costi che l’impresa sopporta perché è in Italia e che un’impresa collocata altrove non deve sopportare. Il rischio che non abbia successo e non possa ripagare il prestito è maggiore, quindi la banca chiede un interesse maggiore. In più si aggiunga il rischio che il paese in cui l’impresa opera possa uscire dall’euro: un evento che avrebbe conseguenze difficili da prevedere nell’entità, ma sicuramente negative per l’impresa. E quindi per chi le ha imprestato i soldi.

Il rischio che l’euro si rompa è reale?
Tutti i rischi hanno una probabilità non nulla di verificarsi. La Merkel ammonirebbe che “se salta l’euro salta l’Europa”, se non per scongiurare un pericolo che c’è? E la Bce non si dice disposta a fare tutto per evitare la rottura, se non volesse evitare una cosa che altrimenti potrebbe verificarsi?

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