Caro Direttore,
“l’aborto[…] è un crimine nascosto dell’uomo e della donna moderni, il più grande alla pari dello sterminio degli ebrei d’Europa”, scrive sul Foglio del lunedì.
Non condivido le posizioni da lei prese in tempi recenti su bioetica, valori, modi con cui combattere il terrorismo: e ora aborto.
Ammiro da tempi lontani la sua capacità di usare la logica al limite del paradosso, di alzare la voce al limite dell’urlo. Ma c’è una linea oltre la quale la logica si ribella e la voce si spezza.
La terribilità della Shoah sta in se stessa, non è né simbolo né misura né termine di paragone per altri orrori, palesi o nascosti. Per questo motivo, e non solo perché il raffronto non regge all’analisi, lasciamola stare.
Lo so, il paragone è già stato fatto da Giovanni Paolo II: ma lasci che siano i papi polacchi e tedeschi a dirlo, che sulla Shoah a nome della Chiesa cattolica hanno qualcosa di cui scusarsi. Lei no, almeno in questo non papeggi.
Serialità, organizzazione su scala industriale, statualità, incomprensibilità nell’ambito del mysterium iniquitatis, esercizio senza limiti del potere del più forte sul più debole, modernità del delitto che insiste su un diritto di primogenitura e su una logica di stirpe mascherata da difesa di un genere: senatore carissimo, talvolta uso le parole a casaccio, e spesso sono in errore, ma in questo giudizio non credo di esserlo. Ho bisogno di argomenti che mi dimostrino il contrario. Non banalizzo lo sterminio degli ebrei d’Europa, cerco la verità, che non è una statistica clinica o giuridica.
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settembre 27, 2005