di F.M.
Franco Debenedetti, senatore Ds dell’ala liberal, propone il dilemma in modo molto chiaro: «A settembre le forze sociali si ritroveranno attorno al tavolo per l’attuazione del Patto per l’Italia e in quel momento l’opposizione di governo dovrà decidere dietro a quale tavolo sedersi: dietro i banchetti della Cgil per abrogare le norme che modificano l’articolo 18? Oppure dovrà presentarsi con proposte proprie? Come la “Amato-Treu” sugli ammortizzatori sociali che verrà presentata fra qualche giorno».
Senatore Debenedetti, le due linee sono così inconciliabili? Piazza e Parlamento non si possono integrare?
«Non si può, da un lato, trattare l’applicazione di una norma e dall’altro raccogliere le firme per abrogarla. Ciò che non è integrabile, è un’opposizione di governo e un’opposizione che si propone principalmente, se non unicamente, di mandare a casa questo governo».
Ma per la Cgil la priorità sembra essere la piazza: raccolta di firme, scioperi, agitazioni nei posti di lavoro…
«Al contrario, io penso che l’opposizione dovrà dimostrare una grande capacità propositiva. Se non la avrà, chi fa le trattative, resterà senza la forza dell’opposizione alle spalle».
Ma proprio in queste ore la Cgil ha convocato i partiti dell’Ulivo, ma anche Rifondazione e Di Pietro: siamo davanti ad un “collateralismo rovesciato”?
«Ho trovato molto singolare questa “chiamata” di Cofferati ai leader dell’opposizione e ho trovato propria la risposta di Rutelli. Cofferati ha un doppio profilo. Di sindacalista e di uomo politico. E’ indispensabile che questo doppio profilo si sciolga. Tanto prima, tanto meglio. Ma c’è un altro problema…».
Quale?
«A Pesaro, anche se personalmente ho votato per Enrico Morando, i Ds si sono dati una linea politica: quella di una opposizione di governo. E a quella linea io resto coerente. Da questo punto di vista trovo significativo il fatto che la prima presa di posizione sul Patto per l’Italia sia stato fatta congiuntamente da Bersani e da Letta, a rappresentare così l’unità dell’Ulivo».
Ma il Patto è tutto da buttare?
«Sono molto critico sul Patto per l’Italia. Penso che la modifica dell’articolo 18 sia di scarsa incidenza pratica e di complessa attuazione; penso che la riforma degli ammortizzatori sociali sia inadeguata. Ma non si può negare che, essendosi giocata tutta questa vicenda sul piano simbolico, Cisl e Uil abbiano finito per portare a casa un risultato molto importante».
Quale?
«La riduzione delle tasse per i ceti meno abbienti. E’ una misura di stampo keynesiano, non certo thatcheriano. E’ una piccola cosa, ma è pur vero che il governo anziché abbassare le aliquote più alte, taglia le tasse per i redditi più bassi con lo scopo di incentivare i consumi».
luglio 7, 2002