Liguria. Rifondazione-choc: le terze case vadano agli sfrattati
Ma queste sesquipedali sciocchezze potremmo evitarle o no, almeno alla vigilia delle elezioni?». Il senatore Franco Debenedetti è convinto, oltre a ogni altra considerazione, che con trovate come quella di Rifondazione in Liguria, che lui non esita a definire scomodando la parola «esproprio», si fa il gioco dell’avversario. «Se vogliamo perdere le elezioni, avanti così».
Dario Franceschini farebbe un discorso articolato. «Il tema in sé non è un tabù in assoluto… Discutiamone, ma a certe condizioni». Scrutando senza paura, appunto, dentro il presunto tabù. Ma cercando, se possibile, soluzioni migliori.
«Sarebbe un’assurdità sposare quest’idea», ritiene Debenedetti, che da anni conduce la sua battaglia nella minoranza liberal diessina. «Una misura del genere di fatto fa diventare poveri tutti i padroni di casa. Le case in questo modo varrebbero meno», ragiona il senatore della Quercia. Che aggiunge: «È un provvedimento rischioso anche dal punto di vista elettorale. In questa proposta, oltre agli ovvi profili di incostituzionalità, colpisce l’insipienza politica. La politica è piena di sciocchezze ma, almeno nell’imminenza delle elezioni, andrebbero evitate». Se non bastasse, l’idea di Rifondazione ha conseguenze negative anche sul mercato: «Non si riflette sul fatto che non si espropria solo il legittimo proprietario: si deprime il valore dell’intero mercato immobiliare».
In realtà, ricorda Dario Franceschini, uno dei politici più intelligenti della Margherita, la trovata di «requisire» le case non viene inventata adesso e soprattutto, sorpresa per chi non lo ricordasse, il copyright non appartiene all’estrema sinistra ma al centro solidaristico e d’ispirazione cattolica: in una parola, alla Democrazia cristiana. «Fu un grande sindaco Dc di Firenze, Giorgio La Pira, a inventare questo tipo di misura quando requisì le case per darle agli sfrattati». La Pira negli anni sessanta requisì temporaneamente alcuni palazzi del centro per dare un alloggio agli sfrattati dell’Isolotto. Comprensibilmente, venne attaccato in Consiglio comunale; anche da esponenti del suo stesso partito, all’epoca onnicomprensivo. Dichiarò «il diritto all’abitazione viene prima di quello alla proprietà».
Altro mondo, rispetto a una «funzionale economia di mercato» che auspica Franco Debenedetti: «Anche dal punto di vista giuridico è inconcepibile mettere in discussione la proprietà; si lede un ovvio diritto costituzionale». C’è da sperare, riflette il senatore, «che la coalizione non faccia propria un’idea del genere; e Rifondazione non la proponga al tavolo del programma. Tra l’altro, io credo che un’idea così procurerà a Rifondazione stessa aspri dissensi piuttosto che consensi, in Liguria».
Anche Franceschini, del resto, è cauto: «Certo quella di La Pira era un’altra Italia e una situazione diversissima»; oggi andrebbero studiati attentamente i differenti contesti, la disponibilità di alloggi pubblici, la possibilità di costruirne di nuovi. Evidentemente, dice, «molte delle case sfitte sono case di villeggiatura, e quelle naturalmente non potrebbero essere prese in considerazione perché in quel caso un partito come il nostro sarebbe fermamente contrario».
Nondimeno, un problema esiste. E non è utile nascondersi dietro paratìe ideologiche per affrontarlo. Una soluzione pratica, secondo Franceschini, c’è: «Si potrebbe agire sulla leva fiscale, a livello dei comuni, per scoraggiare chi avesse intenzione di tenere sfitta la terza casa. È un tipo di misura che preferiremmo, e che ci eviterebbe interventi traumatici che certo non amiamo». Perché insomma, discutere i tabù sì, ma diamine, la storia ha già avuto chi definì la proprietà un furto.
gennaio 31, 2006