Debenedetti, amareggiato, racconta la settimana del monopolio

novembre 17, 1998


Pubblicato In: Giornali, Il Foglio


La settimana del monopolio: chi è solito riflettere sullo “stagno piccolo piccolo” del nostro capitalismo, (l’espressione è di Federico Rampini), e sui suoi immutabili assetti, così potrebbe ricordare gli eventi della settimana scorsa. E’ iniziata con il decreto sul settore elettrico. Si poteva creare una pluralità di imprese nella generazione e nella distribuzione, più opportunità per più imprenditori. Non è stato fatto, l’Enel cederà centrali, ma il monopolio rimarrà integro.

Il giorno dopo è stata la volta delle fondazione bancarie: per accedere a benefici fiscali – ha detto il Senato – basterà che vendano quote un po’ superiori alla maggioranza assoluta delle loro banche. Col ricavato potranno acquistare pacchetti azionari, al servizio del pubblico per zavorrare un nocciolo duro o di privati per puntellare un patto di sindacato.
Eni: chi succederà a Bernabè? La pretesa di nominare il successore non deve scandalizzare, è l’assicurazione che tutto continuerà come prima, che il monopolio del gas (il 60% dei profitti Eni) resterà com’è. La sua uscita paradossalmente potrebbe essere utile per rintuzzare gli attacchi: bisogna non turbare i fondi cui era stata assicurata continuità. Ricordo bene quando, sotto il governo Dini, dovendosi raccogliere il parere della commissione Industria sul decreto di vendita della prima tranche, più d’uno obiettò che l’Eni manteneva il monopolio del gas. Bernabè vantava una storia impressionante di privatizzazioni all’interno del gruppo: noi si voleva rompere il ghiaccio, avevamo fretta di incominciare a privatizzare qualcosa. Avevamo audito Agnes, Pascale, Viezzoli. Venne Bernabe, con la sua faccia giovane e onesta: ed ebbe il premio.
Bernabè al vertice di Telecom è la perfetta continuazione di questo ragionamento. Omnitel e Infostrada crescono, crescerà Wind, ma cresce anche il mercato, il monopolio Telecom resta fortissimo. Ci sono in Telecom probabilmente 30.000 persone di troppo, 8.000 solo in quella Finsiel catapultata in Stet per evitare il fallimento dell’Iri. Misure necessarie ma impopolari, confrontazioni alla Tatò, rischierebbero di fare esplodere il fragile equilibrio del nucleo stabile. Chi meglio di Bernabè può garantire pubblico e privati, Tesoro e fondi di investimento, di una gestione responsabile? Chi, tra tutti in Italia, può assicurare che la transizione sarà sapientemente timonata nel modo più lento possibile?
Enel, Eni, Telecom: c’era stata la possibilità di temporali in settimana, poi sui nostri monopoli è ritornato il bello stabile, il sole si riflette sullo “stagno piccolo piccolo” del nostro capitalismo. In caso di imprevisti, c’è l’ombrello delle fondazioni, i loro 70.000 miliardi di danaro ermafrodita. Quando sentirete qualcuno invocare l’aumento del numero di imprenditori, o declamare che si deve liberalizzare prima di privatizzare, cambiare canale.
P.S. Questa riflessione è offerta anche all’Economist che ha raccolto e rilanciato critiche verso un signore che vuole investire patrimonio e reputazione per fare impresa. La sua colpa è di avere 75 anni o di cercare di allargare il piccolo stagno?

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