I referendum hanno punito errori tattici e strategici della sinistra. Tattici per aver proposto un confronto in condizioni prevedibili e di cui è quindi inutile lamentarsi. Strategici per avere confusamente sovrapposto due problemi reali, (la concentrazione industriale e il conflitto di interesse), impropriamente usandoli per cercar di battere un avversario politico. Errori nati da un’enfatizzazione eccessiva del potere del mezzo televisivo sull’autonomia di giudizio dell’elettorato,che ha invece risposto con chirurgica precisione ai quesiti referendari. Di tutto ciò Massimo D’Alema sembra essere perfettamente cosciente, e si spera che ad analoghe riflessioni siano indotti gli estremisti, di sinistra e di centro.
Ora mentre diventa sempre più chiaro che si deve andare alle elezioni presto, Dini sostiene tra l’altro che, per non ulteriormente deludere la fiducia dei mercati verso l’Italia, e necessario procedere senza indugi nell’annunciato pro-gramma di privatizzazioni. Ma ciò rischia di avvenire senza il necessario confronto parlamentare.
Privatizzare Enel e Stet, e procedere al riassetto del sistema bancario, significa ridisegnare la mappa del potere e-conomico in Italia. In particolare il progetto di cablatura che Stet sta portando avanti conduce alla creazione di un Molo-eh delle infrastrutture di comunicazione, a fronte del quale impallidirà il potere di Berlusconi e di Fininvest.: mettendo le basi per i referendum prossimi venturi.
È necessario dunque da un lato non disconoscere gli impegni presi, ma nello stesso tempo esigere di conoscere i pro-getti precisi, il programma minimo di ciò che si intende fare di qui alle elezioni. E questo è particolarmente necessario da parte del centrosinistra, che deve cogliere questa occasione per dare segnali chiari sulle scelte che intende compiere; che deve anticipare ai mercati i modelli e le politiche economiche che intende seguire se riuscirà vincitore al prossimo confronto elettorale.
La scelta responsabile di non porre ostacoli sul cammino intrapreso deve diventare l’occasione per di dimostrare che a sinistra anziché il modello , di ascendenze hegeliane, di un’ autorità’ politica che tutto prevede e che tutto regola, si è abbracciato quello di un sistema di controllo di processi basati su una concorrenza ordinata. Che anziché esercitare il potere dall’alto dei ministeri su grandi società di fatto monopoliste, magari imbellettate da public company, si in-tendono governare i rapporti di concorrenza tra più operatori liberati dai vincoli e da tutele stratificatisi nel tempo.
Che il mercato non è una necessità temuta, ma una necessità temuta, ma una garanzia. Si deve riconoscere che a sinistra, accanto a prese zione ineccepibili sul piano dei principi, si riscontrano permanenza di miti (il servizio universale, la tariffa unica) timori (il compromesso sul tavolo della commissione litano), suggestioni di regole onnicomprensive (le discussioni sulle autorità di settore).
Scegliere nella direzione indicata significa in concreto: per l’Enel anteporre la liberalizzazione alla privatizzazione e quindi volere concorrenza nella produzione e nella distribuzione. Per Stet, accelerare la liberalizzazione delle strutture rispetto al 1998, e assegnare le concessioni sulle nuove reti cavo esclusivamente ai privati. Per le banche affrontare la questione (sicuramente più complessa) delle fondazioni.
Berlusconi a Santa Margherita ha invitato i giovani Confindustria a unirsi alla sua professione di fede liberista, senza che nessuno gli chiedesse di citare anche un solo are in questa direzione compiuto dal suo governo. Per il centrosinistra si tratta di un’occasione irripetibile di qualificarsi come forza di governo di una moderna economia di mercato. di opporre fatti alle professioni di fede. Gli effetti che ciò avrebbe sulla considerazione internazionale del paese, e quindi sul differenziale dei tassi di interessi, sarebbero fatti non da poco, quando si dovesse prendere la guida di questo paese, e la responsabilità di risolverne gli antichi problemi.
giugno 15, 1995