Sulla proposta di legge di Maccanico riguardante il riordino del settore delle comunicazioni
“Questo è un nodo avviluppato/ questo è un groppo rintrecciato/ chi sviluppa più inviluppa/ chi più sgruppa più raggruppa”: viene in mente la cavatina della Cenerentola, a considerare la quantità di problemi evocati dalla proposta di legge Maccanico sul riordino del settore delle comunicazioni.
Fin dal testo di cui si discute, dato che ne esiste uno completo e uno stralcio. Se il Governo manderà entrambi in Parlamento, ottenendo il percorso preferenziale per il secondo, il primo sarà esposto per un tempo imprecisato a ogni tipo di tentazioni. Se manderà il solo stralcio, chiederà al Parlamento di deliberare su un pezzo di un progetto, sulla globalità del quale neppure gli autori evidentemente concordano.
I tasselli del puzzle si incastrano, alcuni hanno due facce.
1. Vendita di Stet. Si incastra da un lato con la necessità di nominare l’Autorità di settore, dall’altro con i drammatici problemi finanziari dell’IRI; un rinvio obbligherebbe a rinegoziare l’accordo Andreatta-Van Miert, e questo avrebbe conseguenze negative sulla nostra credibilità. Ulteriore incastro con la manovra finanziaria.
2. Riforma della Mammì: si incastra con la sentenza della Corte Costituzionale e dovrebbe comportare la riduzione da 3 a 2 delle reti Mediaset: dovrebbe, perché l’interpretazione secondo cui le reti disponibili sono 12 e non 15 è oggetto di discussione. L’altra faccia del tassello Mediaset si chiama Polo, e questo si incastra con la ricerca di un accordo politico che, al minimo, consenta al Parlamento di funzionare, al massimo sbocchi in un accordo per le riforme.
3. Riforma della RAI, ed equilibrio tra componente privata e pubblica nel settore TV: qualsivoglia cosa riguardi la RAI è un tassello con innumerevoli incastri e risvolti.
4. Rimarrebbe la Cenerentola: il mercato e la concorrenza, da promuovere nelle telecomunicazioni.
Tutto ciò essendo chiaro fin dall’inizio, logica avrebbe voluto che si cercasse di segmentare i problemi. è vero che le tecnologie convergeranno: tuttavia nelle TV c’è il nodo del pluralismo, nelle TLC il problema di una concorrenza da avviare da zero.
Se si è fatto il contrario è per motivi che risultano chiari. Parlare simultaneamente in questo modo di TLC e di TV accontenta il partito-Stet, la cui strategia è da un paio d’anni indirizzata ad espandersi nel settore della TV: via cavo, inizialmente, ma perché essere timidi? Tiene sotto pressione Mediaset, e le rende difficile entrare in quel futuro di convergenza tecnologica che la legge dice di promuovere: approvare lo stralcio e rinviare il progetto completo non consente a Mediaset di partecipare alla imminente gara per il terzo radiomobile; non apre il cavo a terzi e invece rinnova a Stet la concessione, le consente financo di proseguire con la “sperimentazione” televisiva. In questo modo non si avvia la concorrenza nelle TLC.
Veniamo ora alla TV, cominciando dall’Autorità: che nasce sotto il segno di una fortissima lottizzazione. Mentre la legge vigente la vuole costituita da 3 membri nominati dal Governo, in una prima versione del presente disegno i membri erano 5 di nomina parlamentare: evidentemente non bastava ad accontentare tutti, e quindi ora i membri sono diventati 8.
Che l’assetto del settore TV abbia importanti risvolti politici, è vero ovunque; a maggior ragione in Italia, dove allo strapotere del partito RAI si contrappone l’intreccio Fininvest-Forza Italia. Evidentemente per il primo i tetti della Napolitano-Bogi avevano il peccato di fondo di essere troppo aperti alla crescita delle risorse e delle tecnologie trasmissive, dunque poco incisive nel tagliare le unghie all’avversario: La RAI è stata accontentata dandole cavo, satellite, e facendo saltare ogni ipotesi di dismissione di una rete.
Non si sa se siano fondate le voci secondo cui la mancata approvazione del progetto dal Consiglio dei Ministri di venerdì sarebbe dovuta al proposito di usare la legge come arma di pressione per ammorbidire l’opposizione parlamentare del Polo; con il che l’argomento dell’intreccio politica-affari verrebbe fatto proprio da coloro che ne avevano fatto il cavallo di battaglia preferito contro Berlusconi, aggiungendo così il proprio errore a quello del leader dell’opposizione quando non sciolse il conflitto di interessi. Fatto sta che la successiva saggia proposta di Maccanico di intavolare un rapporto parlamentare costruttivo con l’opposizione può essere letto anche come il legittimo desiderio di un galantuomo di non veder piegata la sua proposta in materia di TV-TLC a improprio strumento di pressione politica.
Quanto ai tetti in materia TV, senza entrare qui nello scontro- vitale per Mediaset e RAI- sia consentita una domanda: dato che, per evitare posizioni dominanti, ci devono essere più concorrenti, che cosa succede se non nascono? Un recente studio della IGIER Bocconi, dimostra che un mercato in cui gli attori competono tra loro per qualità e varietà, si articola su due aziende di successo e una pluralità di aziende minori. Chi saranno in concorrenti di RAI e Mediaset? Le TV via cavo, cui, in nome del “tutti possono fare tutto” si nega ogni possibilità di affermarsi nelle telefonia urbana contro il monopolista telefonico? Le TV federali, pubbliche by definition, con RAI azionista ovunque?
Qui si resta nel campo delle ipotesi. La prima è quella di un soggetto privato, ma i cui mezzi siano ritagliati a seconda dell’interpretazione che si darà dei tetti, dunque discrezionalmente all’arbitrio della maggioranza politica del momento. La seconda ipotesi, e qui torniamo al nodo delle TLC, è che il candidato sia Stet.
Ma Stet dovrà essere privatizzata, mi si obbietterà. Magari, è la mia risposta. In verità, proprio l’impianto della proposta del Governo, e le radicali differenze rispetto a quelle discusse alla fine della precedente legislatura, mettono un’ipoteca assai pesante. è forse pensabile che si intenda consegnare ad una gestione veramente privata un’azienda la cui posizione monopolista viene così clamorosamente rafforzata ed ampliata? Lo si farebbe se al posto degli Agnes e Pascale di oggi si vedesse domani l’ombra di Romiti e Tronchetti? La risposta è ovviamente no. Tutto lascia credere che questa volta gli “errori” Comit e Credit non verranno ripetuti, la frammentazione dell’azionariato sarà tale da consentire ai manager, cioè ai partiti che li nominano, di farla da padroni.
I partiti controllano l’Autorità, i partiti controllano la Stet, i partiti, c’e’ da giurarci, controlleranno il CdA RAI: in questo quadro, apprendere che la ragione del rinvio a domani sia stata un’ipotetica insufficiente tutela degli attori pubblici RAI e Stet, ha del paradossale.
Ci si è riempiti la bocca con le industrie del futuro, quelle che dovrebbero creare posti di lavoro ben pagati; con il mercato che fa nascere imprese, e la concorrenza che riduce i costi. Bastava poco, completare la legge esistente, accompagnare la liberalizzazione delle TLC, avviare le reti cavo. Ma la scarpetta di cristallo la si è buttata via, Cenerentola dovrà restare vicino al fuoco: il principe preferisce ballare con le sorellastre.
luglio 16, 1996