Dal 2035 non si potranno immatricolare più automobili con motore endotermico e già oggi si chiudono o si trasformano le fabbriche che le producevano. Abbondano le analisi delle conseguenze quantitative e qualitative sui lavoratori, quelli impiegati nelle fabbriche che le producevano e quelli nell’indotto, sia di componenti sia di servizi. Si è trascurata però un’altra conseguenza, l’inevitabile rottamazione di un altro patrimonio, quello della cultura tecnologica necessaria per la costruzione dell’automobile. Per costruire il modello T, Henry Ford introdusse nelle sue fabbriche la catena di montaggio: da allora è stato un continuo segmentare ogni fase di lavorazione, per renderla più efficiente guadagnando per ognuna frazioni di secondo, e costruendo le macchine che lo rendessero possibile. Da un lato, l’analisi tempi e metodi, dall’altro lato lo sfruttamento dei lavoratori che essa rendeva possibile: accanto alla metodologia per assegnare tempi si organizzava la resistenza dei lavoratori allo sfruttamento che essa rendeva possibile.
L’azienda di mio padre produceva anche per la Fiat: per 10 anni, dopo la la laurea in Ingegneria nel 1956, vi fui responsabile per produzione e sviluppo. Dieci anni dopo diventai direttore di tutto il settore componenti del gruppo Fiat, un insieme di imprese per un totale di 35 mila persone, con tecnologie che andavano dallo stampaggio della plastica per i cruscotti, alla pressofusione di paraurti e di cerchioni per ruote, dalle batterie ai fari e fanali, a candele e iniezione, filtri aria e olio, ai delicati termostati, fino ai lubrificanti dei motori. Certo anche le auto a propulsione elettrica sfruttano tecnologie raffinate, raffinatissime se si tratta di vetture a guida automatica. Ma è software, nulla a che fare, ad esempio, con la tecnologia necessaria per la costruzione degli iniettori diesel per veicoli industriali secondo un brevetto Bosch di cui riuscii ad assicurarmi la licenza di produzione: il sogno per un ingegnere meccanico. Ognuno dei nostri prodotti richiedeva macchinari appositi, conoscenza del loro funzionamento, controllo per garantire la qualità. E tutto sotto la pressione di battere la concorrenza: potenza, rumore, peso, comodità, forma, colore: la concorrenza è stata la regina del mondo dell’auto. Questa somma di intelligenze applicate, di tempi dedicati, di orgogli bruciati per ottenere l’efficienza globale di quelle produzioni sarà vanificata dall’imposizione di non costruire più veicoli a motore termico. Vanificata non perché battuta dalla concorrenza, ma perché resa inutilizzabile da una legge. Nel sommare i costi di questa rivoluzione, oltre a quelli delle fabbriche che si dovranno dismettere, a quelli pagati dai lavoratori che, se gli va bene, dovranno essere reimpiegati, si dovranno mettere anche queste conoscenze e competenze ormai diventate inutili.
dicembre 7, 2024
0