di François d’Aubert
Nella caccia ai colpevoli, avidità, arroganza e consumismo finiscono sotto accusa; parsimonia, prudenza e risparmio sono rivalutate: Colbert diventa un esempio. Riconoscimenti meritati, per l’uomo e per la politica di cui è l’eroe eponimo? “Virtù usurpata”, per François d’Aubert, che così sottotitola la ponderosa biografia di Colbert, pubblicata da Perrin.
Dura 40 anni la vita pubblica di Jean Baptiste Colbert. Inizia nel 1643, con Mazzarino, presso cui è introdotto dal prozio Michel Particelli che aveva acquistato la carica di controllore generale della finanze per la somma astronomica di 800.000 lire. “Vi devo tutto, avrebbe detto il cardinale morente al giovane Luigi XIV, ma credo di sdebitarmi in qualche modo consegnandovi Colbert”. Del re sarà il principale collaboratore fino alla morte, nel 1683. Luigi avrà ancora 32 anni di regno davanti a sé.
Oggi Colbert e il colbertismo, in Francia, sono difesi dai grand commis dell’amministrazione, sono ammirati da capi di banche e aziende che furono pubbliche, sono presi ad esempio per la modernità di “ragionamenti perfettamente cartesiani, tecnocratici in modo premonitore”. “Virtù usurpata”? In ogni caso materia per interessanti riflessioni. Non solo in Francia.
Colbert: la vertu usurpée
di François d’Aubert
Perrin, Parigi 2010
pp. 488
22,67€
febbraio 13, 2011