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→  settembre 26, 2018


La crisi del PD ha caratteristiche e gravità proprie, ma non è isolata. La crisi della socialdemocrazia è un fenomeno generale: dal 1980 tutti i partiti tradizionali hanno perso voti, ma i socialdemocratici 10 punti nei Paesi dell’OCSE, quasi 30 in quelli dell’Europa occidentale. Alcune correlazioni sono impressionanti: tra percentuale di voti che vanno ai partiti populisti e caduta della fiducia nel Parlamento europeo e nella prospettiva di un’integrazione europea; tra voto populista e insicurezza sociale, disoccupazione, perdita di posti di lavoro per via dell’esposizione alle importazioni cinesi. Lo rileva Guido Tabellini nella relazione “Populismo e crisi della social democrazia”, presentata al convegno de La Voce del 17 Settembre, e si chiede: perché chi è colpito da uno shock economico negativo diventa nazionalista e vota populista, invece di votare a sinistra e chiedere più redistribuzione? Perché diventa conservatore in campo sociale e civile e se la prende con gli immigrati? La ragione, sostiene, è che lo shock –economico, tecnologico – produce un cambiamento di identità politica, da quella classica in base al reddito a quella in base all’istruzione, dalle classiche polarità sinistra /destra, stato/mercato, a quelle nazionalisti/globalisti, protezionismo/immigrazione. A sua volta il cambiamento di identità produce un cambiamento di ideologia politica. Fin qui Tabellini. Il nostro populismo contrappone noi, il popolo, i puri, contro loro, le élite, i corrotti. E’ quindi un populismo con caratteristiche diverse da quello macroeconomico “argentino”, anche se l’aumento della spesa pubblica, punto di partenza per entrambi, occupa un posto importante nello storytelling del governo giallo-verde, rendendo quello sbocco una eventualità possibile, forse probabile.

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→  settembre 12, 2018


Parla del Ponte Morandi, il ministro Toninelli in audizione alla Commissione Ambiente della Camera: e questa non è una notizia. Lo è invece che questa è stata l’occasione per adeguarsi a, e rafforzare, con il peso della sua autorevolezza, il nuovo corso di euro-rispetto che tanto successo ha riscosso a Cernobbio. “In questi minuti – ha detto ai deputati – è in corso un incontro a Bruxelles per verificare se si possa derogare al Codice degli Appalti perché si possa fare l’assegnazione immediata senza gara ad un soggetto pubblico come Fincantieri la ricostruzione del ponte”. Altro che il 3%, altro che Tria: al ministero delle Infrastrutture non muove foglia che Europa non voglia. Che lo si sappia e che cali lo spread.

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→  settembre 11, 2018


Fare ordine: nei dati…
“Ci siamo accorti che le informazioni erano troppe: era necessario fare ordine”. La voce, alla radio austriaca, è quella di Larry Page, intervistato per la ricorrenza. Page Rank, l’algoritmo che assegna un peso numerico ad ogni elemento di un collegamento ipertestuale di un insieme di documenti, “fa ordine” perché consente di ordinare gli elementi di un insieme secondo la loro l’importanza relativa. Questa è la ragione del successo di Google: grazie a Page Rank possiamo orientarci nella sterminata massa di dati con cui il web ci sommergerebbe. Con il web, il mondo è diventato di colpo immensamente più grande; se, come insegna Agostino, il nostro “prossimo” sono quelli che abbiamo vicino, prossimo diventano virtualmente tutti gli abitanti del pianeta. Rischiamo di perderci, se il mondo non diventa anche più trasparente, e qualcuno ci rende possibile trovare, sapere, avere quello che cerchiamo.
L’albero della conoscenza, di cui abbiamo mangiato, è anche l’albero del bene e del male. Acquisito il bene come nuovo diritto universale, è sul male che si esercitano le Cassandre. Non solo il male che è possibile fare deliberatamente, usando le potenzialità di questo (come di ogni altro) nuovo strumento. Ma il male che deriva intrinsecamente dalla sua fruizione: il maggior tempo che dedichiamo, il maggior numero di persone che incontriamo, la maggiore quantità di risorse che spendiamo, perfino il maggior numero di parti cesarei che le donne preferiscono nel garantire la sopravvivenza di questo pianeta.

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→  settembre 4, 2018


Al direttore.

Mariana Mazzucato (“La strada storta dello stato”, Repubblica 1° settembre) avanza la proposta che la Cassa depositi e prestiti, “attore pubblico autonomo dal potere politico ministeriale” e con “decennale esperienza nel settore infrastrutturale”, acquisisca “sul mercato la maggioranza del capitale azionario di Atlantia”, allo scopo di “migliorare il rapporto con le concessionarie”. A parte la sospensione del principio di non contraddizione inerente a “un attore pubblico autonomo dal potere pubblico”; a parte il contenuto della “decennale esperienza” che si può fare da socio di minoranza in Terna, Snam spa, Eni, Enel; a rendere perplessi è quel “migliorare il rapporto con le concessionarie”. Che il controllore si faccia controllato può far comodo al controllato; ma che il controllore debba spendere soldi per riuscire a fare il suo mestiere è clamoroso, e ancor più che a dirlo sia la paladina dello “stato imprenditore”. E non è finita: se “l’attore pubblico autonomo” vuol comperare sul mercato il 50 per cento del capitale, fa salire il valore del titolo: a meno che non vengano annunciati propositi espropriatori atti a farlo calare. In tal caso l’autonomia dell’“attore” riuscirebbe a evitare “al potere politico ministeriale” l’accusa di aggiotaggio? La strada storta dello Stato: non c’è che dire, titolo perfetto.

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→  settembre 3, 2018


L’Unione Europea e il sistema bancario tedesco
Franco Debenedetti.

La Germania, scrive Ernesto Galli della Loggia (“La scossa che manca a sinistra” del 30 Agosto) “se ne ride dei richiami di Bruxelles per la violazione del limite del suo attivo commerciale”. Non è così: a differenza delle regole sugli squilibri fiscali (i famosi parametri di Maastricht), quella sugli squilibri macroeconomici è costituita da 14 indicatori: la bilancia dei pagamenti, che non deve superare il 6% del PIL, è solo uno di essi. La Commissione, per valutare se un Paese sia in squilibrio macroeconomico, fa una valutazione complessiva di tutti gli indicatori: non risulta abbia offerto occasioni di ilarità. Altra cosa è sostenere che una politica che favorisse maggiori investimenti interni e aumenti salariali andrebbe a vantaggio di tutti, Germania compresa. Quanto all’altra accusa, di occultare “spudoratamente la situazione fallimentare di un pezzo del suo sistema creditizio”, ci si aspetta che affermazioni di tale potenziale impatto siano suffragate da qualche dato.

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→  agosto 29, 2018


Al direttore.

Incivilirli, come vorrebbe Orsina, o cacciarli, come esorta a fare Panebianco? Quello che fanno – e quello che non fanno – non può che portare a un deterioramento della condizione economica del paese: grave, ma insufficiente a cacciarli e incapace di incivilirli. Quello che inevitabilmente farebbero per nascondere il loro fallimento, questo sì che sarebbe veramente terribile. E poiché può accadere molto presto, non resta che cacciarli prima che succeda. Il Pd è quello a cui guardano sia Panebianco sia Orsina: chiami a raccolta quanti, con la loro inventiva e il loro lavoro, tengono ancora in piedi questo paese. Abbandonare senza rimpianti e con intransigenza quanti pensano che i Cinque stelle covino ideali comuni alla sinistra (la teoria della costola-della-sinistra 2.0) è la parte facile; quella difficile è liberarsi dell’antiberlusconismo (e del berlinguerismo di cui è la reincarnazione). Ma se non si incomincia da lì, tutte le geremiadi sull’assenza di un’opposizione sono puro flatus vocis.

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