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→  settembre 29, 1998


Al direttore.

La ragione per cui la finanza non può essere confusa can la “roulette globale” (Il Foglio del 26 settembre) sta nel fatto che solo per la roulette le probabilità di vincere o di perdere sono note con quasi assoluta esattezza: non c’è rischio. Il rischio è proprio ciò che distingue la roulette dalla finanza. I derivati rispondono allo scopo di eliminare certi rischi dalle attività economiche per ripartirli diversamente tra gli operatori. Non sono un’invenzione del “pensiero unico”: le opzioni sono descritte nel primo libro della Politica di Aristotele; i futures si chiamavano lettres de faire nelle fiere medievali e cho-ai-mai nel Giappone feudale.

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→  settembre 26, 1998


Finalmente! A leggere stamane che Deutsche Bank ha comperato il 4,95 % di Comit, la prima reazione è stata di sollievo: adesso almeno c’è una cosa chiara. Da mesi il progetto di matrimonio tra Comit e Banca da Roma teneva banco ( arrossisco!): si fa, non si fa? E i listini oscillavano. Maranghi in visita a Palazzo Chigi: deve andare in pagina economica, o starebbe meglio in quella politica? Si descrivono partite a scacchi fino alla settima mossa in cui entrano HDP, Gemina, Compart, Montedison, Generali, Fondiaria, oltre alle due banche e, ovviamente, Mediobanca. Uno dei due presidenti taglia la mattina con un’ultimativa dichiarazione, l’altro chiude la sera con un comunicato di risentita nobiltà. Bisogna collegarsi a Nord; no, meglio espandersi a Sud; quale Sud, Roma o BNL? Lo vuole Romiti; lo vuole Agnelli; quale Agnelli?

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→  settembre 18, 1998


Ma la vera debolezza sta nel governo che controlla la compagnia di bandiera. Un tema che riguarderà anche Caselle…
Brutta storia quella della bocciatura europea di Malpensa. Oltre al danno economico, c’è il prezzo pagato sul piano dei rapporti europei: a pochi mesi dal faticato e sudato ingresso nella moneta unica, a molti italiani l’Europa è apparsa forse per la prima volta ingiustamente arcigna; ai nostri partner europei l’Italia si è confermata, per l’ennesima volta, ingiustificatamente inadempiente e “furba”. A stupirsi e a scandalizzarsi perché gli altri cercano di fare i loro interessi si fa la figura degli ingenui; a fare del vittimismo dopo che si è riusciti ad avere contro la coalizione degli interessi di tutti, si fa la figura degli sciocchi. Meglio meditarci su bene, su questa brutta storia, almeno per evitarne delle altre.

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→  agosto 19, 1998


“Privatizzare l’industria pubblica […]ha contribuito a cambiare il Paese, il suo modo di essere, la sua mentalità. Non poteva non essere il frutto di un processo democratico: idee culture schieramenti politici diversi si sono confrontati”: così il Ministro del Tesoro illustrando (sul Sole 24 Ore del 7 Agosto) la “Relazione sulle Privatizzazioni” consegnata al Parlamento.
Carlo Azeglio Ciampi ha pieno diritto di rivendicare il merito di quanto realizzato: sua é la paternità del Dl 389/93, poi diventato la legge 474, anche se egli con eleganza omette di ricordarlo; é stato impegnando la sua autorevolezza che egli ottenne dalla maggioranza il consenso a vendere Telecom in un solo colpo; é stato Ciampi a convincere Bertinotti a dare il suo accordo alla dismissione della quarta tranche dell’ENI.

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→  luglio 30, 1998


Le grandi manovre nel settore delle telecomunicazioni regalano emozioni agli appassionati del genere: lunedì viene annunciato il mega accordo tra AT&T e British Telecom; appena 24 ore dopo quello tra GTE e Bell Atlantic. E si attende il colpo da mille miliardi di dollari: tanto per capirci, quanto noi tutti in Italia produciamo in un anno. Ma dietro i commenti “tecnici” fa capolino, a volte sottaciuta, a volta esplicita, la domanda vera: e noi? Una domanda dietro cui sta non la curiosità di sapere quando “noi” potremo usufruire dei servizi della nuova azienda, ma il timore che questo sia un brutto colpo inferto alla “nostra” compagnia telefonica. Insomma una domanda fatta a nome di “noi” in quanto “cittadini” di Telecom, più che di “noi” consumatori. Insomma, vorremmo sapere, questa è per “noi” una sconfitta? E se c’è sconfitta chi è il colpevole?

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→  luglio 28, 1998


Si avvicina il momento cruciale del passaggio in commissione al Senato del disegno di legge delega sul riordino delle Fondazioni bancarie. Il dibattito sulla vendita delle banche è scivolato in secondo piano: le Fondazioni che vogliono vendere lo stanno facendo sotto la spinta delle forze di mercato, gli incentivi fiscali appaiono sempre più un abbellimento superfluo. La vera questione che resta aperta riguarda il patrimonio, la possibilità che le Fondazioni lo usino per partecipare al controllo di società quotate.

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