→ febbraio 19, 2000
“Gli interessi degli azionisti a cui il governo ha venduto titoli Eni e gli interessi più generali che si tutelano con la liberalizzazione sono inconciliabili”. Così l’Eni per bocca del suo presidente commenta il decreto legislativo Letta sulla liberalizzazione del gas. Dato – e assolutamente non concesso, come ho avuto modo di argomentare – che ciò sia vero, si aprono due prospettive. Primo: le società pubbliche diventano, all’atto della privatizzazione, esse stesse portatrici di un interesse di ordine superiore, che prevale su quello generale, a perseguire il quale erano state concepite; sono dunque una figura giuridica nuova Oppure: la rappresentanza di interessi superiori a quelli generali viene attribuita a tutte le società per azioni, In tal caso, posto che nella stragrande maggioranza delle società per azioni non vale il voto capitario, e stante la struttura proprietaria delle nostre maggiori società, l’interesse generale si identifica con quello delle grandi famiglie.
→ febbraio 17, 2000
In Europa sono diventato liberale. « Quando a ventitré anni scappai dal Cile di Pinochet, ero socialista in politica e marxista in economia. Oggi, da liberale, dico che senza rispetto dei diritti civili e politici non c’è libertà. Ma per garantire lo sviluppo e la libertà ci vuole il mercato. E perché il mercato funzioni bisogna portarlo a chi ancora non ce l’ha. Per questo serve un mondo economicamente più integrato e aperto. E per questo combatto i catastrofisti che nella globalizzazione vedono una doppia tragedia: la fine del lavoro nei paesi avanzati e lo sfruttamento dei paesi poveri». Mauricio Rojas condensa in questo suo biglietto da visita il senso della sua ultima fatica, quel volume Perché bisogna essere ottimisti sul futuro del lavoro (pubblicato da Carocci editore) che non solo confuta, dati alla mano, le obiezioni di famosi critici della globalizzazione come Jeremy Rifkin e Vivianne Forrester, ma che oggi costituisce un manuale per uscire dalle secche in cui si è cacciata la Wto dopo Seattle.
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→ febbraio 15, 2000
“Dobbiamo navigare tra Scilla e Cariddi, creare competizione sul mercato del gas, ma senza danneggiare l’ENI; l’Italia aprirà il suo mercato interno se ci verranno garantite condizioni di reciprocità dai nostri partner europei.”
Questo il concetto espresso dal Ministro dell’Industria in Senato. E mentre ascoltavo le sue parole pensavo – spero che Enrico Letta non mi giudichi irrispettoso – ai taxi di Roma. Perché è chiaro che il cittadino si avvantaggerebbe se il comune liberalizzasse concessioni orari e tariffe: ma i taxi a Roma sono 6000, controllano probabilmente 20.000 voti, quale politico può permettersi di ignorarli?
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→ febbraio 10, 2000
La televisione sposta il voto del 7-8% degli elettori, scrive Renato Mannheimer (Politica e TV, Corriere della Sera di lunedì); la notizia viene ripresa dal Giornale (L’Esperto: “Grazie alla RAI la sinistra aumenta i voti”, martedì 8 Febbraio); chissà quante volte la sentiremo citare, incominciando dal prossimo dibattito in Senato sulla par condicio. Avallata da un parere così autorevole, a forza di essere ripresa e ripetuta, rischia di diventare un “fatto”: come le cento parole che avrebbero gli esquimesi per indicare la neve.
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→ febbraio 10, 2000
“Per mettere insieme; noi cerchiamo sempre di mettere insieme”: così ha risposto il ministro a chi gli era andato a chiedere perché mai la RAI si fosse alleata ad Enel nella gara per l’UTMS, i telefonini di terza generazione.
Mentre diceva queste parole, le mani del ministro si muovevano con lenta fermezza, leggermente incurvate a coppa, quasi ad accarezzare un immaginario globo, a ricondurre tutto nella sfera della perfetta armonia.
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→ gennaio 27, 2000
Le vicende che stanno travolgendo Kohl, coinvolgendo la memoria di Mitterand e sconvolgendo Israele, scoppiate mentre da noi la morte di Craxi ha dato l’occasione alla rievocazione degli scandali che travolsero il PSI, potrebbero indurre a rubricare tutto sotto una sola voce, quella di finanziamento illecito della politica. Sarebbe una grossolana semplificazione; e sarebbe grave se la commissione parlamentare d’inchiesta che sta per essere votata, dovesse indulgervi.
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