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→  maggio 25, 2021


Il tweet del giorno

Ai nipoti che dovranno pagare l’imposta di successione sui beni che gli lascerà il nonno, i 10.000€ glieli diamo o li tratteniamo come acconto?
@pdnetwork #Agorà #Prossima

→  maggio 15, 2021


“Il ritorno dello Stato” è quest’anno il titolo del Festival dell’Economia di Trento. Per il suo direttore scientifico Tito Boeri, l’uscita dall’emergenza è l’occasione “per analizzare cosa è accaduto in un anno che ha visto lo Stato esercitare un ruolo primario nella vita dei cittadini”. Una ventina delle conferenze ne trattano in modo esplicito, da “Il ritorno dello Stato e la fine del neoliberismo” di Joseph Stiglitz, al – si licet parva – “Fare profitti, etica dell’impresa” del sottoscritto.

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→  maggio 15, 2021


Caro Direttore,
“la trasformazione cosmetica dei populisti”: senza avere la tua genialità di trovare le parole per esprimerlo, è quello che pensai partecipando, in remoto, a un lunch talk con Luigi di Maio. La sua lettura dell’introduzione conferma che lo staff della Farnesina non ha bisogno di cosmesi. Nessuno si aspettava le visioni di uno statista: ma le risposte alle domande dei commensali, ospiti educati ma per nulla virtualmente inginocchiati, hanno rivelato un perfetto giovane e volonteroso sottosegretario: che a studiare si impari stupisce solo se a dimostrarlo è proprio chi voleva convincerci che uno vale uno. E poi: chi c’è oltre a lui (Sileri non ha bisogno di metamorfosi)?

I populisti “non fanno più paura”: ma dànno speranza? Non basterebbe neanche che spegnessero tutte e cinque le loro stelle: bisognerebbe che splendessero di una luce diversa. E chi glielo dice a quelli che li hanno votati? Nelle mie campagne elettorali, andavo nelle sezioni che erano state comuniste a spiegare perché bisognava abolire l’art.18: uscivo e i segretari gli dicevano che servivano i voti di chi la pensava come me per battere Berlusconi. Ma la rivoluzione liberale a destra non c’è stata, e a sinistra non è bastata.

E se non l’hanno imparato loro, chi insegnerà ai populisti che la scuola è per gli allievi e non per i sindacati, che salvare le aziende zombie è sprecare soldi e non risolve i problemi, che nella PA si entra per meriti e non per anzianità da precario, che solo la concorrenza produce efficienza e la proprietà pubblica la riduce, che il golden power esteso a tutti i casi ci porta all’autarchia e all’isolamento?

Certo che è meglio se, come Marine Le Pen, si schierano con Israele (costa anche poco, non ci sono israeliani sui barconi). Ma a salvare questo Paese, la trasformazione non basta che sia cosmetica: e neppure che riguardi solo loro.

→  maggio 11, 2021


Al direttore.
Che sulla testa dei paesi poveri si giochino partite che riguardano gli equilibri politici di quelli ricchi non è una novità. Succede negli Stati Uniti, dove la retorica dei vaccini-bene-comune, per cui le aziende che hanno inventato i vaccini contro il Covid devono rendere disponibili le loro invenzioni gratuitamente a tutti, è usata come ammonimento a Big Pharma nelle negoziazioni col governo sui prezzi per le forniture di farmaci in generale. Iniziativa colta al balzo in Europa da chi vuole segnare un punto nella battaglia per “reset il capitalismo”, e coprire le proprie magagne “erogando e welfareggiando a più non posso”, per dirla con l’elefantino. Sarebbe meno “virtuoso” ma più efficace ricordare che in un mondo che comunque è diventato globale, per raggiungere l’immunità di gregge deve vaccinarsi il mondo intero.

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→  aprile 27, 2021


Intervista di Michele Masneri a Franco Debenedetti

L’Olivetti. Sottsass. In affitto da Agnelli. E l’esperienza dell’Interaction Design Institute. Parla Franco Debenedetti

Poche persone si conoscono appassionate di design come Franco Debenedetti: manager, intellettuale, ex senatore. E poi ancora collaboratore del Foglio, dandy, fratello di, fashion victim impeccabile nei suoi completi Prada.

Una vita segnata dall’Olivetti, di cui fu amministratore delegato quando il fratello Carlo De Benedetti (sì, staccato) ne era il padrone. E lì, il nume tutelare di Ettore Sottsass, di cui Debenedetti è cultore: gli ha fatto disegnare le sue case, e compra spasmodicamente vasi Memphis, beato lui, di cui mi manda le foto. Incontro fatale a Ivrea. “Non lo scoprii certo io. Me lo ritrovai in azienda, e ebbi modo di lavorarci insieme. Io ero a capo del progetto Synthesis, i mobili per ufficio, e gli feci disegnare alcune cose. Sono gli anni leggendari della diarchia, Sottsass e Bellini. Poi vidi la meravigliosa casa che fece per Roberto Olivetti, figlio di Adriano”.

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→  aprile 13, 2021


Il viaggiatore che, sceso dall’aereo a Londra di prima mattina mercoledì 18 settembre 2019, avesse preso la sua copia del «Financial Times», avrebbe strabuzzato gli occhi: su una copertina giallo canarino, a caratteri cubitali, come il famoso “Fate presto” del «Sole 24 Ore”, solo un titolo: “Capitalism. Time for a reset”. Reset si traduce con ripristinare o con azzerare: per ripristinare il capitalismo, sostiene l’editoriale all’interno, bisogna azzerare la dottrina dello shareholder value e adottare i princìpi dello stakeholderism e degli investimenti Esg (Environmental, social and governance). È un esplicito cambio di paradigma di governo societario: rinnega il principio reso popolare da Milton Friedman, per cui una e una sola è la responsabilità sociale dell’impresa: fare quanti più profitti possibile, purché «nel rispetto delle regole fondamentali della società, sia quelle incorporate nelle sue leggi, sia quelle dettate dai suoi costumi etici».

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