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→  ottobre 22, 2009

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Secondo l’ex senatore Ds, c’è un “portato buono di questi 15 anni”, fatto di una “retorica politica” innovativa

Roma. “Sentita l’ultima sul posto fisso, direi che ora toccherà salvare il berlusconismo da Berlusconi stesso”, dice al Foglio Franco Debenedetti. All’inizio suona grossa, anche se detta da uno che a forza di nuotare controcorrente gli sono venute due spalle così. Liberale e liberista, Debenedetti è da sempre nelle file della sinistra, eletto senatore nel 1994, nel 1996 e poi ancora nel 2001, prima nel Pds e poi nei Ds.

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→  ottobre 20, 2009

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Il tempo di Berlusconi: un’era è finita

È stato eletto e rieletto perché gli italiani vogliono limitare i sindacati e i pm, pagare meno tasse, scegliere da chi farsi guidare

Dopo l’ultima estate, la fine anticipata del ciclo politico di Berlusconi è parsa diventare una concreta possibilità; è quindi aumentata la tensione a centrare questo obiettivo. Che un ciclo politico così lungo dovesse finire, era scontato. Ma c’è modo e modo. E nel modo in cui la retorica politica sta contribuendo al framing delle particolari condizioni in cui la lunga corsa del Cavaliere verrà a finire, c’è un rischio grosso: corriamo il pericolo di buttar via più di 15 anni della nostra storia.

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→  ottobre 15, 2009

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Al Direttore

A leggere i giornali italiani, anche quelli grandi, i Nobel quest’anno sarebbero andati ad economisti scettici sulla capacità del mercato di autoregolarsi, dubbiosi dell’utilità delle privatizzazioni, favorevoli all’intervento dello Stato.
La realtà è esattamente il contrario: Oliver Williamson, proseguendo nel solco della lezione Ronald Coase, mostra come sia più efficiente quando è l’impresa e non i regolatori a determinare i limiti di integrazione organizzativa e proprietaria; Elinor Ostrom ricerca quali siano le condizioni in cui soggetti privati trovano intese cooperative senza bisogno di interventi statali.
Proprio vero che ognuno guarda i fatti, e a maggior ragione quelli che avvengono fuori da casa propria, con gli occhiali della propria cultura quando non dei propri pregiudizi.

Franco Debenedetti

→  ottobre 12, 2009

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Dieci grandi esperti indicano i termini più d’attualità e quelli destinati all’oblio

Abs, cartolarizzazione, cdo: quali sono le parole, i neologismi sorti nel corso della crisi economica 2007-2008 cui possiamo dire addio? Quali termini finiranno (o vorremmo vedere finire) nel cassetto, nella speranza di non dover fare più i conti con il loro significato negli anni a venire? E quali termini invece potrebbero tenerci compagnia nei prossimi anni, arricchendo il dibattito e il nostro vocabolario quotidiano? L’abbiamo chiesto a dieci dei maggiori economisti italiani. A ognuno è stato domandato di individuare due termini, nati sulle labbra degli esperti per arrivare sulla bocca della gente comune, che abbiamo contrassegnato – nel male, quindi “out” – e siano destinati a contrassegnare – nel bene, quindi “in” – l’evoluzione dei cicli economici trascorsi e futuri. Parole da cui liberarsi quasi fossero zavorre, insomma, e vocaboli cui attaccarsi nella speranza che i sistemi economici siano più solidi e vigilati di un tempo. La risposta? Meno scontata di quella che si possa immaginare, come si può vedere dalle loro testimonianze raccolte qua sotto.

a cura di Luca Davi

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→  ottobre 7, 2009

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Con un testo di soli 36 articoli e tutti scritti con chiarezza, codificò diritti costati decenni di lotte sindacali

Se si considera la sua attività di studioso prima, e quella di politico poi, illuminata dall’accordo del 1993 firmato in qualità di ministro del Governo Ciampi, e che si sarebbe potuta concludere anche al Quirinale, aveva ragione Gino Giugni nel provare un po’ di noia ad essere così strettamente associato allo Statuto dei Lavoratori. Un riconoscimento peraltro dovuto: la legge 300 non ha solo codificato diritti costati decenni di lotte, ma ha fatto improvvisamente acquistare a tutto il Paese la cultura del diritto del lavoro. E questo grazie anche alla limpidezza di quel testo, 36 articoli comprensibili da tutti senza bisogno di specialisti.

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→  ottobre 1, 2009

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Se la Svizzera cessa di essere “terra d’asilo”

Caro direttore,
nella vicenda Polanski, ci su cui ci si divide è scegli debba pagare per il suo delitto, o se invece, vuoi per il tempo trascorso, vuoi per i suoi meriti artistici, gli debbano essere risparmiati processo e possibile pena.

Ma così non si coglie il punto, che non riguarda né la morale né l’estetica, mai! diritto, l’applicazione degli accordi internazionali in materia di estradizione. Quasi tutti i Paesi hanno accordi bilaterali in materia, certamente inghilterra e Francia, evidentemente la Svizzera.

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