→ febbraio 16, 1996
Sulle ragioni per vendere separatamente le aziende facenti capo alle sub-holding Stet e Finmeccanica non sarebbe neppure il caso di ritornare, tanto esse sono forti: il maggior valore che così si fa emergere, stimato in 10mila miliardi, gli investitori in tutto il mondo preferendo aziende focalizzate alle conglomerate; la vivacizzazione della Borsa, arricchita dalla presenza di un maggior numero di valori; assetti di settore più aperti a soluzioni concorrenziali e liberati dalle opacità dei rapporti infra-gruppo. Tutti argomenti già sostenuti in un precedente articolo («Il Sole-24 Ore» del 2 febbraio scorso). Ma poiché l’amministratore delegato Stet, Ernesto Pascale, obietta («Corriere della Sera» del 7 febbraio) che questo processo introdurrebbe un ritardo di quindici mesi per sole «operazioni fiscali e di scorporo», si riprende l’argomento più in dettaglio. Risulterà dimostrato il contrario: il guadagno di tempo è una ragione Che si aggiunge a quelle già esposte a favore della vendita per aziende separate.
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→ febbraio 10, 1996
La questione torna alla mente a proposito di un progetto governativo secondo cui le attività di gestione dei sistemi informatici della Ragioneria Generale dello Stato e del ministero delle Finanze, attualmente affidate a società del Gruppo Finsiel, dovrebbero essere scorporate, e conferite a una nuova società interamente di proprietà dello Stato.
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→ febbraio 2, 1996
Il proposito di vendere subito e separatamente le quote di partecipazione dell’Iri nelle società quotate facenti capo al gruppo Stet si è fatta dunque strada nei vertici dell’Iri. Chi questa tesi sosteneva fin dal 1992 non si rallegra che a ciò si sia giunti sotto la pressione dei debiti anziché per ragioni a suo tempo avanzate: ampliare il sistema industriale italiano, rafforzare la Borsa, dare trasparenza nei rapporti di fornitura infragruppo, aumentare la concorrenza.
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→ dicembre 19, 1995
L’unica, definitiva occasione per dare al paese un sistema concorrenziale nel settore più importante per un’economia avanzata: questo è ciò che è in gioco nel passaggio in parlamento, iniziato in questi giorni, del progetto di legge Gambino sulle telecomunicazioni, coordinato con altri cinque progetti ( tra cui uno del sottoscritto, presentato alla Camera dall’on. Masi). Qualche osservazione è opportuna per richiamare la centralità di questo obbiettivo, evitando che lo si perda di vista nella valanga di emendamenti, sotto la pressione di corposi interessi, nell’insidia degli equivoci.
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→ novembre 23, 1995
A un anno dall’emanazione della direttiva volta a indurre le fondazioni a di smettere le partecipazioni bancarie, Dini ha ammesso che bisogna cambiare metodo: «La proprietà di molte banche rimane ancora pubblica – ha detto a Bologna il 4 novembre – dunque abbiamo percorso solo metà del cammino. Se più di questo non poteva farsi nell’ambito delle leggi vigenti comincia ora a diffondersi la convinzione che dette leggi debbano essere riviste, al fine di trasformare gli enti proprietari e accelerare il processo di privatizzazione delle banche. Condivido il fine e non escludo che modifiche legislative siano necessarie». L’opportunità di agire con strumenti legislativi riceve così un autorevole avallo.
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→ novembre 4, 1995
C’è qualcosa di marcio nell’anima delle società europee» titolava il Financial Times del 9 luglio 1994. I casi, prima e dopo di allora, di gravi perdite riconducibili a errori o abusi dei manager, senza che i controlli funzionassero, si sono accumulati in maniera impressionante, portando in primo piano il problema della corporate governance, da cui prende le mosse Gianni Nardozzi battaglia perduta per la trasparenza’, Sole 24 Ore del 15 Ottobre) e che Il Sole ha affrontato in un’inchiesta pubblicata il 18, 21 e 26 luglio.
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