→ Iscriviti
→  ottobre 27, 2010


A «Che tempo che fa» ha vinto Marchionne: ma a tavolino. Marchionne parlava ai clienti italiani a cui deve vendere le sue macchine, agli operai che devono farle; parlava, in senso lato, all’opinione pubblica, il cui orientamento è decisivo quando si tratta di beni di consumo durevole; parlava ai cittadini del paese dove la Fiat ha la sua maggiore quota di mercato. Del risultato sul “campo” si può discutere. Quando la concorrenza spiana le differenze di prestazioni tra i modelli, le scelte dipendono da imponderabili elementi di gusto e di simpatia, ma alla fine è poi tra vetture “in carne ed ossa” che si decide; ma la domanda sui modelli che Marchionne intende produrre non ha avuto una risposta chiara e conclusiva.

leggi il resto ›

→  ottobre 22, 2010


Che cosa hanno in comune le fondazioni bancarie e le frequenze televisive? A entrambe si guarda per reperire risorse per progetti che il bilancio dello stato non riesce a finanziare: al primo posto dell’elenco, accanto alla sempreverde rete a banda larga, si è da poco insediata la riforma Gelmini. Si tratta di risorse effettivamente disponibili? Nel caso della Fondazioni, tre lustri dopo laegge Ciampi Pinza, si dovrebbe sapere che farci entrare progetti di questo genere sarebbe una forzatura di quanto statuti e di legge prescrivono per investimenti dei patrimoni e destinazione dei redditi. Nel caso dei proventi dalla vendita delle frequenze liberate dalla transizione al digitale, varrebbe la pena verificare se quel “un bel pò di miliardi” di cui parla Pier Luigi Bersani (sul Corriere del 14), e Eugenio Scalfari (su Repubblica del 17) precisa essere 3, sono effettivamente disponibili.

leggi il resto ›

→  ottobre 17, 2010


Nell’ingranaggio del mercato pesano ostacoli posti dal decisore pubblico.

La recente nomina del ministro dello Sviluppo conferisce significato di viatico allo studio L’economia italiana tra crisi e nuova globalizzazione eseguito dall’area ricerca economica di Banca d’Italia guidata da Salvatore Rossi. Il Foglio ne ha anticipato i contenuti principali sotto il titolo «Per una politica industriale liberal-liberista», un ossimoro che invita a una riflessione generale.

leggi il resto ›

→  settembre 26, 2010


L’acquisto di Mediocredito va in direzione opposta a quanto accade nel resto del mondo: anziché uscire dalle bance, il governo ne compra una

Serve un’autorità tersa rispetto al Tesoro per evitre che la nuova posizione di forza della società diventi monopolio


Vent’anni fa iniziava in Italia il processo di privatizzazione del sistema bancario: oggi, anche se le Fondazioni hanno ancora ruoli determinanti negli assetti di controllo, il loro peso continua a diminuire e il settore bancario può considerarsi sostanzialmente privatizzato. Quindici anni fa venivano privatizzate le assicurazioni pubbliche, ma se qualcuno si ricorda della presenza dello stato nel settore, nessuno credo ne senta la mancanza.

leggi il resto ›

→  settembre 23, 2010


Nè la politica nè il capitalismo di relazione: l’ad ha solo pagato il prezzo delle sue scelte.

Leggere l’avvicendamento come la metafora bancaria del cambiamento di governance del paese che é nel’aria, spiega poco e confonde molto.

La delusione è palpabile: ma non era questo il miglior banchiere, attento alla banca e sordo alla politica? E le Fondazioni in questo caso non aveva esemplarmente anteposto la banca da sviluppare all’orticello da innaffiare? Mentre nell’avidità dei banchieri governanti e premi Nobel vedevano la causa della crisi, non era forse per la frugalità dei nostri risparmiatori e per la (relativa) moderazione dei nostri incentivi se gli impiegati non erano dovuti uscire dalle banche con i loro scatoloni e i Governi entrarci con i soldi dei contribuenti?

leggi il resto ›

→  settembre 12, 2010


pag.12

In “Fault Lines” Raghuram G.Rajan analizza con lucidità cause ed effetti della crisi economica.

Il risparmio dei paesi emergenti, o l’indebitamento delle famiglie americane, l’avidità dei banchieri o la cattura dei regolatori, il potere delle banche o il laissez faire di Greenspan: nell’alluvionale pubblicistica sulla crisi ognuno ha il suo bersaglio preferito. Ben venga dunque un modello esplicativo che non si limita alla descrizione ma risale una dopo l’altra alle cause, e connette razionalmente cambiamenti sociali ed economici e comportamenti degli operatori, macro e micro.

leggi il resto ›